Dal lecchese Sergio Fenaroli riceviamo e pubblichiamo:
La cacciata degli armeni dal Nagorno-Karabakh compiuta a opera dell’esercito dell’Azerbaijan il 19 e 20 settembre scorso pone con drammaticità la questione umanitaria di oltre 120.000 persone che in pochi giorni hanno dovuto lasciare le loro case e beni ancestrali e rifugiarsi nella vicina Armenia.
Questa guerra, che nasce dal dissolvimento della vecchia Unione Sovietica e dall’odio nazionalista, ha già causato la distruzione di monumenti e siti storici, memorie culturali armene nell’enclave del Nakhichevan. Il rischio incombente è che tale modello venga adottato anche nel Nagorno-Karabakh passato recentemente sotto il controllo dell’Azerbaijan.
Una chiara condanna è stata espressa dal Parlamento europeo il 10 marzo 2022, rispetto alla distruzione irreversibile del patrimonio religioso e culturale del Nakhichevan avvenuta a opera del Governo azero, dove sono state distrutti e frantumati 89 tra monasteri e chiese armene, 20.000 tombe e oltre 5.000 lapidi (Khachkar), allo scopo esplicito di cancellare la memoria e l’identità di un popolo.
E’ necessario quindi che il mondo intero conosca questa sciagura compiuta dall’Azerbaijan distruggendo un patrimonio dell’umanità. Nei giorni nostri è passata di fatto sotto silenzio da parte dei grandi mezzi di comunicazione.
L’esito vittorioso della guerra del settembre 2020 ha indotto il dittatore Aliyev a rivendicare e imporre ogni loro pretesa ad acconsentire la realizzazione del collegamento tra l’Azerbaijan e l’enclave del Nakhichevan, appoggiato dalla Turchia, minacciando in questo obiettivo l’Armenia, che sul piano militare è fortemente penalizzata per il sostanziale disimpegno della Russia, tradizionale difensore dell’Armenia.
La situazione attuale impone un’azione preventiva che allontani le mire espansioniste azere e nel contempo fermi le volontà già poste in atto per estirpare e annientare l’esistenza di un popolo, cancellando un intero patrimonio storico, culturale e religioso.
La nostra memoria ci riporta al genocidio subìto dal popolo armeno nel 1915 ad opera dei Giovani turchi. Morirono oltre 1.500.000 armeni e occuparono illegalmente le loro terre. Oggi si sentono fortemente minacciati dal dittatore Aliyev, che non ha esitato a calpestare la bandiera dell’Artsakh appena entrato nel palazzo presidenziale a Stefanakerk.
Il recente accordo per lo scambio di prigionieri di ambo le parti apre uno spazio importante in cui la diplomazia, il Governo italiano con l’Unione europea, quali fruitori preferenziali di gas e petrolio, assumano e impongano con determinazione la fine del genocidio del patrimonio culturale e il diritto all’esistenza del popolo armeno.
Sergio Fenaroli (Lecco)
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