È in uscita il sessantaquattresimo numero (n. 63, giugno 2023) della rivista internazionale di Poesiae Filosofia «Kamen’.
La rivista presenta tre sezioni: Giuseppe Baretti, Poesia e Giuseppe Pontiggia.
La sezione di Giuseppe Baretti raccoglie la prima parte degli Atti del convegno (9 dicembre 2022)
di chiusura del Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Tricentenario della Nascita di Giuseppe Baretti
(1719-1789). Saggi di Francesca Savoia, Breve consuntivo e riflessione su quattro anni
di lavoro; Don Giuseppe Tuninetti, Tentativo di risposta ai due quesiti concernenti
il chierico Giuseppe Baretti: allievo del Seminario arcivescovile di Torino e allievo della
Facoltà di Teologia dell’Università di Torino?; Mariateresa Dellaborra, «La necessité de la musique
italienne»: rileggere gli scritti satirici di Baretti; Daniela Marcheschi, Per Giuseppe Baretti:
conclusioni.
Giuseppe Marco Antonio Baretti nasce a Torino il 24 Aprile 1719. Nella città
natale frequenta, ancora adolescente, il circolo di giovani letterati che si riunisce
intorno al Tagliazucchi, professore di eloquenza alla Reale Università. Nel
1737, non ancora diciottenne, lascia la casa paterna per vivere con uno zio a
Guastalla, dove lavora come scrivano in una impresa commerciale e conosce il
poeta giocoso C. Cantoni, che asseconda la sua vocazione letteraria e dà
direzione ai suoi studi. Le future poesie di Baretti saranno non a caso giocose
(L. Ariosto, F. Berni, fra i suoi autori preferiti), come si vedrà nelle Piacevoli
poesie (Torino, Stamperia Filippo Antonio Campana, 1750; e, con aggiunte,
Torino, Stamperia Reale, 1764). I modi formali, auto-ironici e ironici propri
della tradizione comico-umoristica, indicano sia un senso di appartenenza
complice a una comunità intellettuale e sociale, sia un atteggiamento agonistico
nei confronti della cultura italiana del suo tempo: contro lo stile ora mellifluo e
frivolo, ora ostico e «duro come un corno, e come un osso» di certe produzioni
poetiche, contro l’erudizione che non si trasforma in pensiero, le mode letterarie
e la faciloneria di certi intellettuali nel seguirle. Nel 1739 è a Venezia dove
stringe amicizia con i fratelli Gozzi e, nel 1740, a Milano, dove conosce tutti i
più eminenti letterati della città. Dal 1742 lavora a Cuneo come economo delle fortificazioni della erigenda cittadella, ma
è richiamato a Torino dalla morte del padre, nel 1744. Sfumata ogni speranza di sostanziale eredità, una volta spesa la
parte di liquidi ricevuti riparte di nuovo per Milano, quindi per Venezia, dove stampa nel 1747-1748, una versione in 4
volumi delle Tragedie di Pier Cornelio [...] e le Lettere [...] Sopra un certo fatto del Dottor Biagio Schiavo da Este,
opera in cui i critici hanno riconosciuto la prima manifestazione del suo efficace stile polemico, fatto di «parole semplici,
e comuni». Baretti sarà fra i primi a creare una critica letteraria moderna, intesa come genere letterario e come presa in
esame della cultura e dei costumi in generale, ispirata alla difesa battagliera di un’arte eticamente utile. Si costruisce
perciò una lingua espressiva fluida, modellata sul Toscano e ricca di modi vivaci, di sapidi vocaboli e locuzioni tipiche
della tradizione comico-umoristica – dai novellieri a L. Pulci e ancora Berni –, e uno stile critico originale, anticruscante.
Nel 1751 Baretti si trasferisce a Londra. La pubblicazione di un paio di pamphlet di argomento teatrale suggerirebbe che
lavorasse, almeno temporaneamente, come poeta librettista per il teatro d’opera, la cui orchestra era diretta dal
compaesano e amico, il violinista Felice Giardini. Trova tuttavia impiego soprattutto come docente privato della nostra
lingua. Pubblica vari libri (una dissertazione sulla nostra poesia, nel 1753; una Italian Library, London, A. Millar, 1757,
ossia un catalogo ragionato della vita e delle opere degli scrittori italiani, e altro), che lo fanno apprezzare in Inghilterra.
Nella capitale britannica stringe amicizia con eminenti personalità, come il pittore J. Reynolds (che ne dipingerà un
celebre ritratto nel 1773), lo scrittore S. Richardson, l’attore shakespeariano D. Garrick e soprattutto il “dottor” S. Johnson,
il saggista, critico e lessicografo di Lichfield che ebbe importanza fondamentale per Baretti. Non a caso, come Johnson,
alla fine del primo soggiorno inglese egli redige un dizionario italiano-inglese (London, J. Richardson, 1760) che resterà
a lungo in uso. Il ricavato gli permise di viaggiare in Portogallo, Spagna e Francia, per rientrare in Italia, dove si stabilisce
a Milano, quindi a Venezia. L’esperienza di viaggio confluisce nelle Lettere familiari a’ suoi tre fratelli, di cui, tuttavia,
solo due volumi vedono la luce in italiano (Milano, G. R. Malatesta, 1762 e Venezia, G. B. Pasquali, 1763), mentre in
inglese, con correzioni e aggiunte, l’opera verrà stampata nella sua interezza (A Journey from London to Genoa: Through
England, Portugal, Spain, and France, London, T. Davies, 1770) e avrà enorme successo. Le lettere di viaggio mostrano
il suo spirito nuovo, di intellettuale europeo, curioso e a suo agio ovunque, grazie alla padronanza di diverse lingue.
Approdato a Venezia, dopo il blocco della stampa delle suddette lettere, nell’ottobre 1763, con lo pseudonimo Aristarco
Scannabue, Baretti lancia il suo famoso giornale «La Frusta letteraria» (1763-1765), periodico tutto scritto da lui, in cui
si propone di brandire la frusta «addosso a tutti questi moderni goffi e sciagurati, che vanno tuttodì scarabocchiando».
Perseguitato dalla censura Baretti cessa tuttavia la pubblicazione della rivista dopo un paio d’anni e decide di ritornare in
Inghilterra. Nel 1766 è infatti nuovamente a Londra, da cui si allontanerà solo brevemente nel 1768-69 e nel 1770-71 per
viaggi in Spagna e in Italia e dove diviene segretario della corrispondenza estera della Royal Academy of Arts. Nella sua
seconda patria, continua a scrivere e pubblicare, tra le altre cose, An Account of the Manners and Customs of Italy
(London, T. Davies, L. Davis and C. Rymers, 1768) e il Discours sur Shakespeare et sur Monsieur de Voltaire (Londres,
J. Nourse / Paris, Durand neveu, 1777) considerato da molti, per vivacità polemica e vigore di pensiero, il suo capolavoro
critico. Baretti muore a Londra il 5 maggio 1789.
La sezione di Poesia è dedicata, a cura di Paola Quadrelli, a Johannes Bobrowski, fra i maggiori poeti
europei di lingua tedesca del Novecento. Ad una scelta di Poesie segue il saggio della curatrice dal
titolo Paesaggio con figure: memoria e topografia nelle “poesie ebraiche” di Johannes Bobrowski.
Johannes Bobrowski nasce il 9 aprile 1917 a Tilsit, in Prussia orientale
(all’epoca Reich tedesco). Nel 1928 la famiglia si trasferisce a Königsberg,
la città di J.G. Hamann e di Kant, dove Bobrowski sosterrà l’esame di
maturità liceale. Negli anni della giovinezza Bobrowski trascorre le estati
presso i nonni materni nel Territorio di Memel, passato alla Lituania dopo la
Prima Guerra mondiale, che costituirà il paesaggio di boschi e fiumi cantato
più tardi nella sua lirica. Nel 1935 entra a far parte della Bekennende Kirche,
una associazione di cristiani evangelici che si oppone al Nazionalsocialismo.
Dal 1939 al 1945 Bobrowski prende parte alla Seconda Guerra mondiale
come soldato della Wehrmacht, addetto alla comunicazione, dapprima in
Polonia, quindi in Francia e infine in Unione Sovietica. Dal 1938 la famiglia
si era trasferita a Berlino-Friedrichshagen e per un semestre (1941-42)
Bobrowski ha la possibilità di studiare a Berlino storia dell’arte. Prigioniero
di guerra sovietico, Bobrowski fa ritorno a Berlino-Friedrichshagen (DDR)
solamente nel 1949 dove si ricongiunge con la moglie, Johanna Buddrus,
sposata nel 1943. Dal 1950 alla morte lavora come redattore editoriale; dal
1959 è impiegato presso la Union Verlag, la casa editrice del Partito cristiano-
democratico della DDR. La pubblicazione nel 1955 di alcune poesie sulla importante rivista tedesco-orientale «Sinn und
Form», diretta da Peter Huchel, lo impone all’attenzione della critica. Nel 1961 esce il suo primo volume di poesie,
Sarmatische Zeit (Berlino, Union Verlag), dapprima nella Germania Federale e dopo alcuni mesi nella DDR; seguirà
l’anno successivo un secondo volume di liriche, anch’esso pubblicato in entrambe le Germanie, Schattenland Ströme
(Stoccarda, Deutsche Verlags-Anstalt). In ottobre vince il Premio del Gruppo 47, il più autorevole e innovativo gruppo
letterario della Germania del secondo dopoguerra. Gli ultimi anni di vita di Bobrowski sono contrassegnati da un successo
crescente e da un’intensa attività di mediazione intertedesca, interrotti bruscamente dalla morte prematura, avvenuta a
Berlino Est il 2 settembre 1965 per le conseguenze di un’operazione chirurgica. Perdurante è il prestigio di cui il nome di
Bobrowski gode in Germania, dove egli è annoverato tra i maggiori poeti del secondo Novecento.
La sezione di Giuseppe Pontiggia a venti anni dalla morte (27 giugno 2003), contiene il testo Il
linguaggio della narrativa in cui l’autore ribadisce alcune questioni che gli era caro sottolineare
duranti suoi corsi, Pontiggia dà anche informazioni nuove sul proprio lavoro e sullo scrivere in
generale.
Giuseppe Pontiggia è nato a Como, nel 1934, da famiglia residente a Erba. Nel
1959 si laurea in Lettere all'Università Cattolica di Milano con una tesi sulla
tecnica narrativa di Italo Svevo. Ha fatto parte della redazione del «Verri» e, dopo
impieghi in banca e l'insegnamento presso Istituti Tecnici e scuole serali, ha svolto
l'attività di consulente editoriale. Dalla metà degli anni Ottanta ha tenuto corsi di
scrittura creativa in Italia e all'Estero. Ha pubblicato le seguenti opere: La morte
in banca (Quaderni del Verri, 1959; III ediz. riveduta e ampliata, Mondadori,
1991), L'arte della fuga (Adelphi 1968; II ediz. riveduta e ampliata Adelphi, 1990;
III ed. Oscar Mondadori, 2013), Il giocatore invisibile (Mondadori, 1978; II ediz.
Oscar Mondadori, 1989), Il raggio d'ombra (Mondadori, 1983; II ediz. riveduta e
ampliata, Mondadori, 1988), Il giardino delle Esperidi (Adelphi, 1984), La
grande sera (Mondadori, 1989, Premio Strega; II ediz. riveduta e ampliata, Oscar
Mondadori, 1995), Le sabbie immobili (Il Mulino, Premio Satira Politica Forte
dei Marmi 1992), Vite di uomini non illustri (Mondadori, 1993, Premio Super
Flaiano 1994), L'isola volante (Mondadori, 1996, Premio Palazzo al Bosco 1997),
I contemporanei del futuro (Mondadori, 1998, Premio Brancati e Premio
Rhegium Julii 1999), Nati due volte (Mondadori, 2000, Premio Super Campiello,
Premio Società dei Lettori ecc.), Prima persona (Mondadori, 2002). Nel 2002 è
stato insignito del Premio Nietzsche. Muore a Milano, all’improvviso, il 27 giugno 2003. Nel 2004 esce il Meridiano
delle Opere, a cura di Daniela Marcheschi (Mondadori). Escono inoltre, postumi, Residence delle ombre cinesi, a cura di
Antonio Franchini (Mondadori, 2004) I classici in prima persona a cura di Ivano Dionigi (Oscar Mondadori, 2006),
Dentro la sera. Conversazione sullo scrivere, (Belleville, 2016), La lente di Svevo, a cura di Daniela Marcheschi (EDB,
2017e Marietti 1820, 2022), Una lettera dal Paradiso. Storie di Natale, a cura di Fulvio Panzeri (Interlinea, 2017), Le
parole necessarie. Tecniche della scrittura e utopie della lettura, a cura di Daniela Marcheschi (Marietti 1820, 2018),
Per scrivere bene imparate a nuotare. Trentasette lezioni di scrittura, a cura di Cristiana De Santis (Mondadori, 2020).
Kamen' n. 63 – Giugno 2023
pp. 128 - € 12,00
Libreria Ticinum Editore
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