Omaggio all'artista Luca Crippa nel centenario della nascita a Seregno. La Famiglia Artistica Seregnese2018 (in breve FAS2018) in collaborazione con il Comune di Seregno, nell’ambito delle celebrazioni del centenario dalla nascita dell’artista Luca Crippa ha organizzato una mostra di alto livello artistico dal titolo “12 Artisti per Luca Crippa”. Alla Galleria Civica Ezio Mariani, via Cavour 26, Seregno fino all'8 gennaio.
GLI ARTISTI PARTECIPANTI:
Claudio Borghi, Dario Brevi, Matteo Cannata, Beatrice Cazzaniga, Franco
Donzelli, Annamaria Fino, Augusto Mandelli, Lorenzo Piemonti, Alessandro
Savelli, Antonio Tonelli, Tiziana Trezzi, Sergio Tuis.
GLI OMAGGI POETICI sono dei poeti:
Corrado Bagnoli, Myrna Bongini, franco cajani, Gabriella Coletti, Tiberio
Crivellaro, Vincenzo Guarracino, Giampaolo Mascheroni, Monica Orsi, Luigi
Rossetti, Maria Altomare Sardella.
La mostra 12 Artisti per Luca Crippa , allestita presso la Galleria Civica “Ezio Mariani” vuole sicuramente chiudere la celebrazione del centenario dalla nascita dell’artista e scenografo seregnese, artista fuori dagli schemi, uomo libero, senza grossi condizionamenti, ha portato avanti la sua ricerca artistica in sintonia con i tempi in cui egli ha vissuto, libero da prigionie commerciali e di tendenza.
La Famiglia artistica Seregnese2018 vuole ricordare l’opera di Crippa (già ben celebrata nella prima parte di questo anno 2022 dall’Amministrazione Comunale), ma anche accostare queste celebrazioni 12 Artisti di forte spessore artistico.
Alcuni di loro hanno conosciuto, collaborato e frequentato l’artista negli ultimi anni di vita dell’artista.
Altri invece hanno messo a disposizione i loro lavori per celebrarlo.
I lavori selezionatissimi rappresentano al meglio uno spaccato della ricerca artistica contemporanea in Lombardia e in particolare in Brianza. Maestri riconosciuti a livello nazionale e internazionale.
TESTO CRITICO Prof. Vincenzo Guarracino
BRIANZOLITUDINE
Sono 12 gli Artisti convocati, in questa Mostra “in omaggio a Luca Crippa”, dalla Famiglia Artistica Seregnese e già questo basterebbe per far parlare di un evento quanto mai significativo e simbolico: per il numero degli Eletti e per la loro appartenenza e provenienza, oltre che per l’”ombrello” simbolico, sotto il quale con l’”Omaggio” vengono autorevolmente assemblati a ideale conclusione del centenario della nascita dell’Artista, seregnese “di nascita non di costumi”, per dirla con Dante.
L’appartenenza, innanzi tutto: salta subito all’occhio la provenienza, se non l’origine, di tutti è da una regione ben delimitata, geograficamente e soprattutto culturalmente, alla Brianza.
Se è vero che il “teatro della storia” incide e ha una grande importanza sull’ethos di chi opera, pittore-scultore-poeta che sia, essere strutturalmente radicati in un territorio come la Keltiké brianzola significa sentirsi eticamente depositari di un modo di vedere che dire unico è dir poco: significa identificarsi con una categoria morale, quella della brianzolità, che un poeta come Franco Cajani ha fissato da par suo addirittura nel titolo di una sua antica raccolta di versi Brianzolitudine (del ’79) che bene esprime il misterioso intreccio di ritrosia, chiusura, orgoglio e, perché no?, anche frustrazione di chi sa di essere extra moenia, di vivere “fuori le mura”, ai margini e lontano anni luce, anche se solo fisicamente, dalla Metropoli tentacolare: di essere un Renzo enfant du pays, che è attratto e fugge, Simplicissimus, intorno all’omphalos di una Patria-Matria, laboriosa e arcigna, timorosa quasi di dare a vedere di essere ricca, col complesso della campagna, del villano, in rustica semplicità e col cuore gonfio, incapace di godersi il poco o tanto agio che gli spetta e intento a un infaticabile lavorare tra campo e bottega. Laurà, laurà, ripetuto e insistito come un mantra in una lingua che si impiglia nei rovi delle siepi che delimitano una terra “meticolosamente perticata”, come l’ha definita Carlo Emilio Gadda, perdendo per strada vocali e consonanti e soprattutto le finali, quasi a tradire la fretta di essere ascoltata, mentre idee e astuzie bertoldesche passano e trovano voce sfilacciandosi nelle sue fibre, nella nebbia. Ma è il senso della sua bellezza, questo della nebbia, come dice Corrado Bagnoli in un testo di Terra bianca (2000): “So che c’è anche una bellezza / della nebbia. Se non altro uno / può pensare che lì dentro / il mondo sia diverso…”.
È questa attitudine, la brianzolità, che, nella vita e nell’arte, si traduce nella volontà e capacità di essere “diversi” e al tempo stesso sé stessi con forti dosi di concretezza e ironia, esprimendosi in sorprendenti lampi di ingegno capaci di contagiare gli altri con la loro razzente improntitudine e forza, facendosi interpreti di una realtà terragna e al tempo stesso ricca di estro creativo, che si traduce, al di là delle definizioni (topografiche, catastali o turistiche) del territorio, nel modo di essere, natio o acquisito, di chi abita il suo paesaggio morale e umorale.
Il numero, poi, da sempre considerato (da filosofi, scienziati, cabalisti) entità non meramente aritmetica e quantitativa ma qualitativamente dotato, a partire dall’Unità, di una propria intrinseca caratterizzazione, carico com’è di suggestioni e valenze, di una propria specifica essenza di armonia, che di ognuno fa, a vario grado, il fondamento del cosmo e dell’uomo. Il 12, in particolare, come archetipo ed emblema per eccellenza di ordine e salvezza, e questo nelle diverse tradizioni: da quella cinese (con i Dodici Rami Terrestri), a quella greca (col dodecaedro, figura geometrica di dodici facce, a significare la forma stessa del cosmo), a quella celtica (con i Dodici cavalieri della Tavola Rotonda), a quella ebraico-cristiana (con le Tribù di Israele e soprattutto i Dodici Apostoli).
“Diversi” e sé stessi, al tempo stesso, nella loro “Brianzolità”: è così che si presentano i Dodici dell’”Omaggio a Luca Crippa”, Claudio Borghi-Dario Brevi-Matteo Cannata-Beatrice Cazzaniga-Franco Donzelli-Annamaria Fino-Augusto Mandelli-Lorenzo Piemonti-Alessandro Savelli-Antonio Tonelli-Tiziana Trezzi-Sergio Tuis.
Ciascuno col proprio bagaglio di storia e competenza, ognuno dando vita al proprio estro con i materiali e le modalità convenienti, senza timore di lasciare trasparire anche debiti con i Maestri, di Crippa, ma tanto libero e originale da non voler aver eredi e seguaci, oltre che di Agostino Bonalumi e del lecchese Ennio Morlotti (e con l’humus di provenienza o radicamento), sempre comunque rivendicando, se non esplicitamente con le parole, nel proprio fare, personalità e autonomia: mettendo in campo un mondo singolare di interessi e tensioni, in due direttrici fondamentali, della forma e del segno, da un lato, e del valore espressivo, fisiologico, del colore, dall’altro.
È un corpo a corpo con la materia, la ricerca artistica di Claudio Borghi: un’arte che si misura con la possibilità della materia di dar corpo ai progetti di un artista fervidamente propositivo, proiettato alla definizione di sempre possibili nuovi equilibri tra le quinte di un mondo da osservare e (far) vivere, per dirla col romanziere Giovanni Verga, “da una certa distanza”. Il risultato è un’opera che interagisce con i fruitori ed entra nel reale trasformandone la percezione con forme non di rado implicitamente antropomorfe, legate al tempo in maniera fortemente critica, come quelle delle stele-menhir.
Un’arte proiettata al futuro sulla scena di un oggi che ignora il senso della bellezza, quella di Dario Brevi: una ricerca inscritta nel nome stesso del movimento artistico “Nuovo Futurismo” al quale è stato iscritto d’autorità assieme ad altri dal critico Renato Barilli e a cui lui, l’artista, s’è offerto con lucida consapevolezza operando e manipolando materiali e linguaggi segnati dal lavoro strettamente connotati e legati al territorio (l’industria del mobile). Dando vita con sguardo spesso ironico, a oggetti usuali della quotidianità (tazzine di caffè, cabine per la doccia, fabbriche fumose…), rivitalizzate in suggestive gradazioni e sfumature, acquistando dimensione epica e significante.
Un singolare impasto di simbolismo e geometrica astrazione, la ricerca artistica di Matteo Cannata, siciliano trapiantato in Lombardia: un modo di guardare la realtà filtrandola attraverso un occhio attento a prospettive e proporzioni, contaminando suggestioni artistiche che vengono da lontano (Kandinskij) ma sono aggiornate a un oggi di emozioni e sensibilità in costante ricerca di equilibri cromatici ed esistenziali.
È un’arte il cui programma è tutto inscritto nel titolo di una sua mostra recente, “L’essere e la natura”, quella di Beatrice Cazzaniga, un’artista che porta sulla tela una sensibilità addestrata alla rappresentazione di soggetti-simbolo, montaliani “correlativi oggettivi”, del male di vivere, fissandolo in materiali scabri e duri, inamabili ma fortemente suggestivi, plasmati con mano ferma e insieme pietosa e memoria di modelli vicini alla sua terra di appartenenza ma anche di elezione, tra plaghe brianzole di origine e Argentina.
Una pittura a ridosso della vita, quella di Franco Donzelli: una pittura fervida di colori, brulicante di concretezza e vitalismo, con la felice e rabdomantica capacità di entrare in relazione con forme che crescono sulla tela nell’atto stesso della loro fioritura nella fantasia e nel pennello dell’artista, rivelando il suo stare nella vita e nella quotidianità, giusto come proclamava il titolo di una sua mostra del 2007, “Una vita a colori”, che è tutto un programma.
Un percorso di segni, nel bosco intricato che la vita inopinatamente dissemina, quello di Annamaria Fino: segni di volta in volta fascinosi o disturbanti, tracce perturbanti di un qualcosa che, tra negativo e positivo, vuole affiorare o si inabissa. Emblemi di un male di vivere che si scrive perfino in un titolo emblematico, “Labirinto”, a dire dell’indecifrabilità dei sentieri che di continuo si interrompono senza condurre ad alcun luogo.
È da un sogno di integrazione tra arte e design che è nata e si è sviluppata tutta l’interessante ricerca del seregnese Augusto Mandelli, architetto, designer e “pittore”, dagli inizi fino ad oggi: un progetto, fondato su un suggestivo coniugarsi di spazi e cromie, che rivela un esplicito omaggio a un Maestro “brianzolo” come Bonalumi riletto con sensibilità tutta personale alla dimensione strutturale e plastica delle forme, non disgiunta da un’attenzione alla loro concretezza cromatica.
Lorenzo Piemonti, dopo gli esordi all’insegna della figuratività, a partire dalla metà degli anni Sessanta, si è decisamente indirizzato nelle terre dell’astrazione, perseguendo sempre quello che la critica ha definito un “sentimento della geometria”, ossia una sintesi tra costruzione razionale e spinta emotiva, operata per mezzo di una rigorosa applicazione delle leggi del numero al colore e alle forme, tanto da consentirgli la realizzazione di opere di intrigante fascino e suggestione (“provocazioni ottiche”, al dire di Bruno Munari nel 1988), nel solco del Costruttivismo-Concretismo e del Movimento Madì.
Alessandro Savelli si muove nell’ambito di un’astrazione molto lirica, vagamente morlottiana, con un’attenzione sapiente per i materiali (supporti e colori), dando vita a visioni fulminate da pensieri ed essenze luminose dell’anima, sensazioni e presagi di eventi (“paesaggi del cuore”, per definizione di Marco Bagatti), che hanno la drammaticità di lacerati brandelli di vissuto, grondanti e vibranti come sono di un colorismo, di volta in volta, impetuoso e vigoroso o delicato e fiabesco, specie nelle opere più recenti.
La pittura di Antonio Tonelli è pittura di simboli ed “emozioni”, per citare dei temi che lo hanno visto impegnato negli anni (I simboli di Van Gogh, 1995-2004) e di rassegne legate a specifiche celebrazioni, cui si è nel tempo prestato assieme ad altri (in particolare, Emozioni belliniane - La Madonna del Prato): circostanze e sollecitazioni diverse, che testimoniano una viva attenzione al sociale, come l’impegno sulle problematiche dell’emigrazione. Con un segno singolarmente deciso e fluido, dinamico e immobile al tempo stesso, e una tavolozza dal fascinoso disordinarsi di colori.
Tiziana Trezzi è pittrice dalla pennellata sapiente e fascinosa e soprattutto dal segno netto e incisivo coniugato a un talento naturale, capace di farle vedere il moderno e le sue problematiche attraverso lo specchio dell’antico, in forme a tratti di ieratica compostezza e dignità, in cui è facile intuire una personale e assimilata rielaborazione dei modelli di Maestri antichi e recenti (penso perfino a De Chirico).
Sergio Tuis, fantastico e visionario, vocato alla pittura fin da giovanissimo a inseguire sogni e segni anche differenti (fumetto, principalmente, ma anche fantascienza), sempre con un marchio inconfondibile, surreale e iperrealistico al tempo stesso e con in più un’ironia che sfocia anche nella satira politica, a testimonianza di una gamma espressiva molto ricca e anche civilmente motivata.
Chiuso nei giorni di Natale e Capodanno
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