Da leggere e rileggere il volume di Cesare Piovan CADORAGO NELL’ETÀ ANTICA tra Preistoria e Romanità di Como. Le pur ridotte antiche testimonianze dell’attuale territorio di Cadorago e delle sue frazioni, inquadrate in quelle delle aree prossime e di quello che fu, nel tempo, il naturale centro di riferimento rappresentato dapprima dalla città preromana lungo la Spina Verde e poi dalla Como romana, hanno rivelato la presenza di uomini che, in momenti diversi lungo il cammino della storia ne hanno vitalizzato le terre con le loro quotidiane vicende. Vicende che la ricerca archeologica fa rivivere riportando alla luce, attraverso i resti del passato, le nostre radici, consentendo, al tempo stesso, di meglio intendere il presente e di meglio programmare il futuro. Delimitato a ponente dall’autostrada Milano-Como e solcato in direzione nord-sud dalla valle del torrente Lura, il Comune di Cadorago è formato dall’unione, a quelli del capoluogo, dei territori degli abitati di Caslino al Piano e di Bulgorello, anch’essi Comuni autonomi sino alla fine degli anni venti del secolo scorso. Come sovente accade in presenza di scavi occasionali, la terra che, ricoprendole, le ha nel tempo conservate, ha restituito in ciascuna delle località testimonianze significative di diversi momenti dell’affermarsi nel territorio dell’influenza e della presenza romana. Una tomba a Caslino al Piano Era il 1955 quando Ernesto Re, nel corso di lavori di scavo per la costruzione della propria abitazione, rinvenne, a circa un metro e mezzo di profondità in una lente di terra nera e con resti di frammenti d’ossa, un vaso a trottola (così chiamato perché della trottola ha la forma) in ceramica adatto a contenere liquidi, assieme ad un coltello e ad un falcetto in ferro. Riferì lo scopritore che l’insieme non aveva alcun riparo e che era completato da un’olla e da un piatto, andati distrutti. Si trattava del corredo di una tomba del tipo a cremazione: il corpo del defunto era stato arso sul rogo e, con le proprie ceneri, erano stati deposti nella terra nuda gli oggetti che, con riferimento anche alla sua presumibile attività di contadino, erano destinati, secondo il costume antico, ad accompagnarlo nell’aldilà. La tomba, attribuibile al I secolo a.C., consente di inquadrare la scoperta tra le numerose testimonianze del periodo della romanizzazione presenti nella bassa comasca tra cui, per restare in zona, la tomba della “Madonna” di Guanzate e la necropoli della Cascina Montezuccolo di Appiano Gentile.
Chi erano dunque gli antichi Comensi e come si era formata la loro civiltà? È necessario risalire al XIII secolo a.C., allorquando, lungo la valle del Ticino discese un’onda di Celti, provenienti dall’Europa centro-occidentale, dai “campi d’urne”, vale a dire dalle aree dove era diffuso il rito della cremazione dei defunti, i cui sepolcreti erano costituiti da urne che ne contenevano le ceneri. Erano genti esperte nella metallurgia del bronzo e si attestarono nel Ticino, nella regione dei laghi lombardi e nel Novarese, in diverse località tra cui Canegrate (nei pressi di Legnano) il cui nome (cultura di Canegrate) è stato utilizzato dagli archeologi per identificare l’elaborazione di questa nuova fase preistorica. Un buon numero di tombe attribuibili a questo periodo è stato rinvenuto un’ottantina di anni or sono al Monte di Mezzo di Appiano Gentile, ad indicare la propaggine di penetrazione più prossima a Como sino ad oggi conosciuta. Nell’assunzione di questi fermenti da parte del sostrato etnico preesistente, di probabile origine ligure (antica popolazione che abitava l’Europa), si suole individuare il sorgere della civiltà di Golasecca che animerà per circa un millennio la Lombardia occidentale ed il Canton Ticino e che deriva il proprio nome da un borgo situato lungo la riva sinistra del fiume Ticino, dove, nell’Ottocento, avvennero le prime scoperte riferibili a questo popolo. Sarà questa, della durata di circa un millennio, la fiorente civiltà di Como nell’Età del ferro, così chiamata perché cominciarono a diffondersi i primi oggetti in ferro anche se il metallo predominante rimarrà il bronzo – lega di rame e stagno – che, fondendo ad una temperatura molto più bassa di quella del ferro, meglio si prestava ad essere trattato con le attrezzature tecnologiche dell’epoca.
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