Si chiama “clausola sociale” ed è quello strumento che oggi, nei cambi appalti, consente a migliaia di lavoratrici lariane di non perdere il posto di lavoro. Non è un’esagerazione: essendo obbligatoria, chi subentra in un appalto deve assumere i lavoratori già impiegati per quel servizio dalla precedente azienda. Intervenendo sul codice degli appalti, il disegno di legge delega in discussione in commissione alla Camera (già approvato in Senato) renderebbe lo strumento facoltativo e non più obbligatorio.
Sul territorio, le lavoratrici e le relative famiglie a essere interessate sono oltre 10mila. Se passasse la legge, buona parte di queste persone, in provincia, rischierebbero di restare senza lavoro.
Si tratta in grandissima parte di lavoratrici con uno stipendio spesso poco superiore ai 500 euro, precarie, costrette a fare ogni giorno i conti con l’incertezza del futuro e con il timore di perdere il posto.
I settori sono la pulizia, la ristorazione e la vigilanza: sono spesso impiegate negli ospedali (per esempio il Sant’Anna), nelle mense scolastiche (quelle del Comune di Como e degli altri enti locali), negli uffici pubblici, nei Comuni e fra le Forze dell’ordine. In generale, in tutti i servizi essenziali con cui i cittadini entrano a contatto.
Verrebbe meno un vero e proprio baluardo di protezione per la tutela occupazionale. «È bene ricordare come il sindacato intervenga in molte procedure di cambio appalto, cercando di garantire il più possibile la continuità occupazione, scontrandosi spesso con una realtà complessa, intrisa di dinamiche concorrenziali al ribasso», commentano Caterina Cavarretta (Filcams), Biagio Carfagna (Uiltucs) e Giuseppe D'Aquaro (Fisascat). È spesso necessario, anche sul territorio, intraprendere azioni legali o aprire trattative all’Ispettorato del lavoro. «Questo succede con la clausola obbligatoria – continuano i tre sindacalisti lariani – figuriamoci cosa potrebbe succedere se venisse resa facoltativa».
Per questo, i sindacati hanno organizzato un presidio di protesta per lunedì mattina, alle 10, davanti alla Prefettura.
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