2022-01-08

Comaschi nei lager per la libertà, le testimonianze da non dimenticare


Il Giorno della memoria si avvicina e mai come oggi è doveroso celebrarlo, con i rigurgiti odiosi di nazifascismo che serpeggiano ovunque nel Paese da tempo, e che hanno trovato un inedito brodo di coltura nelle sacche di ignoranza che alimentano la galassia novax. Si è arrivati a paragonare ai lager nazisti. in odiosi cortei che rimarranno nella storia come emblema della decadenza italiana, i provvedimenti del governo Draghi per limitare i danni della pandemia. E si  è preso di mira un simbolo come la senatrice a vita Liliana Segre, superstite dell'Olocausto e testimone della Shoah italiana. Per non dimenticare cosa è stata la tragedia che ha segnato il Novecento ed è un passato che non passa tuttora i libri sono molti, anche nell'ambito lariano. Andrà riletto ad esempio un libro che è uscito quasi trent'anni fa a cura dell'Istituto Comasco per la Storia del Movimento di Liberazione, "Comaschi nei lager per la libertà", edito dall'Amministrazione provinciale allora presieduta da Giovanni Fiamminghi. Che annota nella presentazione come l'opuscolo sia un invito allo studio e alla riflessione, proprio ciò che può essere considerato un antidoto all'ignoranza che genera e alimenta mostri. Nel ricordo tra l'altro di un martire oggi beato come Teresio Olivelli, medaglia d'oro della Resistenza nato a Bellagio nel 1916 e morto a Hersbruck nel 1945.  Nucleo della pubblicazione sono le testimonianze di tre comaschi, nei loro diari: tre esperienze diverse: quelle di una giovane donna, operaia tessile, Ada Maria Borgomainerio, che pagò con l'internamento ad Auschwitz la sua attiva partecipazione allo sciopero del 1944 in una fabbrica del comasco, quella di un giovanissimo partigiano, Antonio Scollo, appena 17enne catturato in Valsassina e poi finito a Flossemburg e quella di uno scalpellino, Alessandro Ripamonti di Albavilla, un militare del genio minatori che "della sua sfortunata classe, il 1913, si legge nell'introduzione, subì tutte le peripezie che il fascismo le impose". 
Lorenzo Morandotti 

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