Nessun altro ha saputo interpretare e “cantare” la nostra terra come ha fatto e come continua a fare questo valente pittore. Nelle sue opere ci sono le piazze, spesso animate di gente indaffarata e distratta, ci sono vie affollate, ci sono le montagne, i rioni più suggestivi della sua città
di Claudio Redaelli
Era la tarda primavera del 2019 e Guido Erba allestiva alla galleria d’arte “La Nassa”, in piazza Era a Pescarenico di Lecco, una mostra significativamente denominata Paesaggi nostri. Una “personale” di grande fascino e di assoluto impatto per coloro i quali ebbero modo di visitarla.
Qualche anno prima - era il 2010 l’affermato artista lecchese aveva esposto in città alla Torre Viscontea. A quella “personale”, che ottenne lusinghieri consensi di critica e di pubblico, ne seguirono due negli anni successivi: “Il mio lago” nel 2013 e “La mia città… e dintorni” nel 2017. Altre due bellissime mostre, allestite entrambe alla “Nassa”.
“Capitoli” tutti da sfogliare nel libro in cui è idealmente racchiusa la carriera artistica di Erba, atti d’amore per una terra - quella lariana - che nessun altro ha saputo interpretare e “cantare” come appunto ha fatto (e come continua a fare) questo valente pittore.
“Nelle sue opere - ebbi modo di scrivere nel catalogo della mostra del 2019 - ci sono le piazze, spesso animate di gente indaffarata e distratta, ci sono vie affollate, ci sono le montagne, i rioni più suggestivi della sua città e gli scorci di un lago capace di riflettere non soltanto le case delle sue rive ma anche impensabili stati d’animo. Ci sono il sole e la neve, il giorno, la notte e l’imbrunire. E ci sono le quattro stagioni, ciascuna con i colori - a volte forti e nitidi, in altri casi decisamente più tenui - e le tonalità che le identificano”.
E ancora: “Forse non è un caso, allora, che Guido Erba per questa sua nuova “personale” torni con Paesaggi nostri alla “Nassa”, in quel rione manzoniano da lui così tante volte “fermato” sulla tela quasi a immaginare un futuro che non può prescindere dal passato. E dal presente”.
“Quanta poesia - osservavo ancora nel mio scritto - nelle sue opere! Quanto fascino in quella piazza Cermenati in una sera di primavera, nei fiocchi di neve che imbiancano piazza XX Settembre o nella centralissima via Roma, nella vecchia stazione ferroviaria di Lecco un mattino d’inverno, nei colori autunnali dell’imbarcadero come nelle vele al tramonto o nel sole di primavera che filtra sotto un mandorlo in fiore. E ancora negli scorci di Malgrate e Varenna, di Mandello e di Pian Sciresa”.
Poi altri riferimenti alla pittura dell’artista: “Erba sa esplorare la città e il territorio come pochi altri, sa descrivere nei suoi dipinti la vita di ogni giorno. E sa far vibrare di sentimenti e di emozioni le sue tele, perché la sua pittura induce a profonde riflessioni, sollecita a cogliere le trasformazioni epocali ed è altresì una sollecitazione a immaginare un futuro che non deve prescindere dagli insegnamenti e dalle lezioni del passato. Lui e la sua tavolozza sanno affascinare perché sanno cogliere le suggestioni di quello che a un occhio disattento potrebbe sembrare un semplice scorcio cittadino o un qualsiasi angolo rurale. Nella pittura di Erba non c’è proprio nulla di superficiale, non c’è nulla di scontato né di banale”.
Quindi l’ultima considerazione: “Taluni quadri appaiono a prima vista quasi pervasi da una velata malinconia, che però a ben guardare rivela invece la spiccata sensibilità di questo artista, con il lago, i monti e il paesaggio circostante a definire il sogno di ogni pittore, ossia fermare sulla tela il bello in cui siamo immersi. Ecco allora la nostalgia lasciare il posto alle emozioni e all’armonia. E alla speranza”.
Dal canto suo Prashanth Cattaneo ha avuto modo di scrivere: “Si sente spesso parlare di paesaggio. A volte con un senso di nostalgia, come se fosse qualcosa di legato al passato, ai ricordi, alla propria infanzia o a quella dei nostri nonni, o delle persone anziane. Altre volte sentiamo invece gli esperti usare questa parola in modo “dotto” durante conferenze sull’ambiente o in articoli pubblicati su riviste scientifiche, come se il paesaggio fosse qualcosa che ci appartiene, ma che è in pericolo e per questo merita attenzione e intervento”.
“Non è frequente - ha scritto sempre Cattaneo - vedere artisti che affrontano questo “tema” con passione e affetto. E in questo Guido Erba è un’eccezione. Il suo è uno straordinario esempio di come l’arte possa rappresentare la differenza, dando slancio e trasmettere positività”.
“L’artista - annotava ancora - declina già nel titolo la parola paesaggio al plurale e l’accosta all’aggettivo possessivo plurale. Il suo interesse è rivolto ai nostri territori (vicini e lontani, ma sempre familiari), l’appartenenza che lui sente per questi luoghi è viva e ricca di amore e sentimento. E’ collettiva e quindi è condivisa”.
Quindi Prashanth Cattaneo spiegava che “trentadue opere presentate in allestimento non sono uno sguardo attraverso la memoria, non sono belle cartoline dei tempi che furono. Rappresentano piuttosto la bellezza e l’intensità della nostra città e dei paesi confinanti, paesaggi incantevoli che molto spesso non ammiriamo con quello stupore che hanno i bambini e i nuovi turisti che raggiungono il nostro lago attratti da una bellezza, per loro rara, che noi molto spesso diamo per scontata”.
E più oltre: “Ci sono piazza XX Settembre, via Roma con la neve, la stazione, ma anche la chiesetta di San Carlo nel rione di Castello, via Galandra e le “famose” Pescarenico, Varenna, Malgrate… Guido Erba ritrae con la sua delicatezza i nostri paesaggi: i luoghi che la gente vive e attraversa ogni giorno. I colori delle opere sono intensi senza essere accecanti, le pennellate sono precise senza diventare didascaliche. Alcuni lavori sono dedicati ai ricordi dell’artista nella casa sotto la chiesa di Castello. Se a prima vista possono rimandare al passato, queste tavole sono una riscoperta del presente nascosto - cioè quello che non vediamo - perché nei nostri giardini, molto spesso, la vita prosegue come una volta, potando rose e stupendosi per gli uccelli che giocano tra le piante”.
Poi l’ultima considerazione: “Guido Erba si conferma come l’artista vivente lecchese più innamorato di questo ramo del lago. La sua arte è uno straordinario esempio di educazione al bello e alla cittadinanza. Perché per amare il mondo bisogna innanzitutto lasciarsi incantare dai luoghi dove si vive. Dai paesaggi nostri”.
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