Nell’ambito di una ricerca legata alle possibilità di bonifica tramite tecniche biologiche dei suoli agricoli del SIN Brescia Caffaro, storico sito contaminato di interesse nazionale caratterizzato dalla presenza di elevate concentrazioni di policlorobifenili (PCB) oltre che di diossine, furani, arsenico e mercurio oltre ai limiti consentiti, sono state ritrovate nuove molecole presumibilmente prodotte dalle trasformazioni dei PCB in PCB-sulfonati e PCB-idrossi-sulfonati.
Queste molecole, sconosciute finora, sono state identificate grazie ad una collaborazione fra il gruppo di modellistica ambientale, diretto da Antonio Di Guardo, professore del Dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia dell’Università degli Studi dell’Insubria (sede di Como), da Renzo Bagnati ed Enrico Davoli, ricercatori presso il Centro di Ricerche di Spettrometria di Massa per la Salute e l’Ambiente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS e al gruppo di Biotecnologie e Microbiologia Ambientale diretto da Sara Borin, docente dell’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente.
Questa ricerca è inserita nell’ambito dell’accordo di collaborazione fra ERSAF (ente regionale per i servizi all'agricoltura e alle foreste di Regione Lombardia) e i dipartimenti dell’Università degli Studi dell’Insubria e di Milano per la collaborazione tecnico-scientifica finalizzata al biorimedio dei terreni delle aree agricole del SIN Brescia-Caffaro e loro successiva bonifica.
I PCB sulfonati e idrossi-sulfonati sono stati rilevati nei suoli delle aree agricole del SIN in concentrazioni pari a circa 1% di quelle dei PCB. La ricerca, pubblicata sulla rivista Environmental Science and Technology, dimostra come queste nuove sostanze (più di 80 diversi composti) siano onnipresenti nei suoli agricoli del SIN Brescia-Caffaro, oltre che nei suoli circostanti, mostrandosi come possibili metaboliti dei PCB.
Attualmente non sono stati ancora identificati i meccanismi biologici della trasformazione dei PCB nei loro metaboliti sulfonati e idrossisulfonati. In uno studio appena pubblicato dagli stessi ricercatori sulla rivista Environmental pollution, si è però mostrato che queste molecole, le cui proprietà tossicologiche ed ecotossicologiche sono al momento ignote, sono accumulate nei lombrichi, invertebrati alla base della rete trofica terrestre e quindi possono rappresentare un potenziale rischio per l’ambiente e l’intero ecosistema terrestre.
Infatti, mentre le molecole genitrici (PCB) sono poco mobili nel suolo, i loro prodotti di trasformazione sulfonati e idrossi-sulfonati sono molto più mobili, soprattutto in acqua, e quindi sono in grado di contaminare le acque potabili e di falda.
“La scoperta di queste sostanze – commentano i ricercatori - getta una nuova luce in merito al risanamento delle aree contaminate da PCB, che impone lo svolgimento di studi sul loro destino ambientale (in particolare sulla loro mobilità nel suolo), la loro biodegradabilità, l’identificazione degli organismi responsabili della loro produzione, gli effetti sull’uomo e l’ambiente”.
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