di Germana Marini Dopo quel primo, impacciato approccio, familiarizzammo davvero. Poco a poco scoprii in Nadia un’amica. Le nostre affinità spirituali e intellettuali, in effetti, ci accomunavano in modo singolare. Mi trattenevo volentieri con lei ad attendere il ritorno di Patrizia dagli “straordinari”, e quando riprese il lavoro in lavanderia, passavo spesso a portarle degli abiti, in modo di poter scambiare con lei due chiacchiere.. <<Una volta o l’altra, ti metto le corna con Nadia>>, minacciai scherzosamente Pat, una sera che s’era fatta troppo attendere. <<Vero, Nadia?... La facciamo in barba alla donna d’affari!>>. Risero entrambe, e Pat commentò: <<Ma sì, va a finire che tu tisposi Nadia, ed io… chissà, il mio principale…>>.
La battuta non mi piacque, perché ne ero geloso.<<Quando due stanno fianco a fianco per anni, ogni giorno, dal mattino alla sera>>, le avevo detto, <<è impossibile che fra loro non s’instauri un’abitudine pericolosa…>>.
<<C’è il rischio che la reciproca insofferenza li induca all’omicidio…>>, celiò.
Una risposta arguta, che mi aveva azzittito. Per poco.
<<Oh, insomma… Non mi vanno questi maledetti “straordinari”!, né che ti porti a cena, con la scusa che ci porta anche il Neri >>, m’inquietai. . <<Il Neri è il Neri, e per quel che mi riguarda può scortarlo anche in capo al mondo, se crede. E si sposi, questo scapolone impenitente!..., così la finirà d’importunare le donne degli altri!...>>.
<<Non puoi lagnarti che ti abbia ingannato, Roberto>>, si difese. <<Ho messo i patti in chiaro sin dall’inizio, e tu ti sei trovato concorde. Non saremmo giunti a questo punto, altrimenti!>>.
<<Immagino tu creda mi diverta>>, soggiunse…<< Sapessi… E non ho solo preoccupazioni di lavoro, da qualche tempo. Nadia non sta affatto bene… Oggi in lavanderia a causa di un insopportabile cerchio alla testa, ha perfino perso conoscenza e mamma è stata costretta ad andarla a prelevare per condurla a casa>>.
<<Allora salgo>>, decisi. <<Occorre che la veda!>>.
Allorché Nadia mi scorse con la valigetta degli “arnesi” in mano, scherzò:
<<Prego, dottore, la moribonda è qui, da questa parte!>>. (M’aveva precedentemente ragguagliato che , nel frattempo, aveva avuto altre crisi).
Dal canto mio non potei che constatare l’ulteriore peggioramento. Del resto l’avevo conosciuta in condizioni già precarie e non avevo termini di paragone, tali da consentirmi un giudizio obiettivo. La pressione, in verità, contrariamente a quanto avviene in stato di debolezza organica, era alta, e ciò mi lasciò perplesso, a maggior ragione quando mi dissero che s’era mantenuta sempre su valori abbastanza bassi.
Ancor meno mi piacque la descrizione , da parte di Nadia, di strani formicolii agli arti inferiori che, spiegò, “le morivano spesso”, per tornare “in vita” a fatica.
Non volli spaventarla, ma fui comunque severo:
<<Eh, quante volte l’ho ripetuto a questa disubbidiente ragazzina che era necessario prendere di petto la situazione… >>.
<<L’hai detto!>>, mi diede manforte Patrizia. <<Ma nemmeno le iniezioni che le erano state prescritte, ha ultimato…>>.
<<Ci vogliono le sculacciate, allora.!... E che razza di nome ha questo farmaco tanto inviso?...>>.
Lo enunciò.
<<Non è il caso d’imporle un inutile sacrificio, se così stanno le cose…>>, obiettai.
<<È roba che si prescrive in caso di stati anemici… di linfatismi…, ma chi ci dice che il suo problema sia questo?... Esami del sangue recenti?...>>.
<<Di mesi fa. Li vuoi vedere?... >>.
<<Per portarli al museo?... Freschi di giornata, li voglio!>>.
<<Sospetti qualcosa di brutto?>>, chiese Nadia.
<<Di orrendo, se entro dieci giorni non mi fai trovare gli esiti delle analisi che ti prescrivo!>>.
L’indomani all’Ospedale mi fu chiesto di recarmi aParigi per uno stage. Da tempo attendevo quell’occasione, e non mi opposi. Riuscii a vedere Pat soltanto la sera. Cenammo in una pizzeria, quindi (era il dieci agosto), in riva al lago ci godemmo lo spettacolo delle stelle cadenti.
<<Sarai contenta di non vedermi per due mesi…>>, insinuai.
<<La lontananza è un banco di prova>>, di rimando riscontrò.
<<Che significa?...>>.
<<Per te, soprattutto…>>, disse.
<<Mi fai ridere. Io non ho bisogno di verifiche, lo sai bene>>.
<<Credi?... Ma chi ama è felice, Roberto! Da tempo, tu hai, invece, perduto questo stato di grazia. Sei scostante… nervoso…>>.
<<Perché tu, con la tua slealtà, me ne dai motivo…>>.
<<Vuoi litigare ad ogni costo?...>>.
Quell’argomento andava approfondito, ma aveva riempito l’auto del suo profumo… la sentivo così vicina, così mia, che la ragione tacque.
Quanti diverbi si erano conclusi a quel modo?... E, a ben pensarci, mai in quei momenti mi sussurrava “Ti amo!”. Perfino Lavinia, che intuivo lontana col suo “fantasma”, si sentiva in dovere di compiacermi. E lei, così ardente, lei al massimo mi diceva. “Mi piaci!”.
Mi portai via tutti i miei problemi irrisolti, le mie incertezze, non escluso il pensiero di Nadia.
<<Comunicami gli esiti!>>, raccomandai a Patrizia.<<Qualsiasi novità; intesi?...>>.
Fu con viva sorpresa, che a pochi giorni dall’arrivo, ricevetti da lei una lettera-fiume. La lessi e rilessi, senza credere ai miei occhi. Era così piena di sensibilità, così tenera e commovente, che benedii la lontananza che mi aveva rivelato la mia donna esattamente come l’avevo tanto sognata.
Riscontrai senza indugio, e a tamburo battente mi pervenne il suo secondo scritto. <<Perché non parlarmi come scrivi?...>>, al telefono le chiesi.
<<Certo mi è più facile esprimermi, che a voce… Si è più ispirati, già>>.
<<Ma amore, mi fai proprio sospettare che tu abbia una doppia personalità… Dimmi che ti manco, almeno! Una frase qualunque di quelle che metti in carta!...>>.
Si limitò ad aderire papagallescamente alle mie richieste, in modo così innaturale, da lasciarmi di stucco.
<<Come sta, Nadia?>>, la sollecitai. <<Gli esiti … Fammi sapere gli esiti!>>.
Ci fu un disturbo prolungato, quindi un’interferenza.
<<Che confusione… Ti saluto, Roberto. Telefono io, stai tranquillo!>>.
Non ebbi più lettere. Anche quelle erano finite: le uniche che mi confortassero!
“Telefonerò”, aveva detto, Ma dovetti decidermi a farlo io, giacché l’apparecchio taceva ostinato.
La chiamai in ufficio, in modo che potesse parlarmi, senza che Nadia la udisse.
<<Ero in riunione, Roberto,>>, mi prevenne. <<Facciamo un po’prestino, pertanto…>>.
<<Cosa si può dire ad una che esordisce così? A una che non si fa più viva, neppure per dirti crepa?>>.
<<Non rimproverarmi. Se ho atteso a chiamarti, è stato per farti avere notizie più fresche di Nadia…>>.
<<Ad ogni modo>>, tagliò corto, <<non sono malvagi, gli esami, ma tu sai quanti particolari un semplice esame del sangue non può rivelare… Ieri notte non ha chiuso occhio per l’emicrania, e il mattino ha avuto dei vomiti strani: vomitava così, senza nausea. Il medico di famiglia ci ha consigliato di tornare a consultare il neurologo, che le ha prescritto un nuovo elettroencefalogramma>>.
<<Del “fundus oculi”, che ha detto? >>.
<<M’è parso perplesso, ma non s’è pronunciato. Sai come fate, voi, con la gente incompetente… Mica state a spiegare tanto… Oh, Roberto, non immagini come sia in apprensione!...>>.
<<Anch’io. Per questo il tuo silenzio m’è sembrato anche più irritante!>>.
Non feci nemmeno in tempo a dirle che , lo stage essendosi già concluso, avrei fatto ritorno a casa per fine settimana.
Venne ad aprirmi lei stessa, in accappatoio e “turbante”.
<<Già qui?... Esco ora dalla doccia: mi metto qualcosa addosso, se permetti>>.
<<Un bacio, no, vero?... Non usa più… >>.
<<Sarcastico!>>, e si sollevò sulle punte.
<<Nadia?...>>.
<<S’è coricata. Stamane si è sottoposta alla Risonanza Magnetica>>.
Chiuse la porta del soggiorno, e mi venne più appresso:
<<Il responso non è incoraggiante, ci è stato detto. Può dipendere da tanti, al momento imperscrutabili, fattori>>.
Il telefono prese a squillare. <<E’ furioso col Neri, che ha combinato un pasticcio>>, lamentò. <<Non trova più certi importanti incartamenti, ed io so bene come finirà:
capace di vegliare per l’intera nottata, se non vengono fuori…>>.
<<E tu che farai? Correrai in suo soccorso?...>>.
<<Non ho scelta>>.
<<Evidentemente il Neri non è che una scusa. Sapevi, di dover uscire, non è vero?...>>.
<<Roberto, sei appena tornato!...>>.
<<E già t’infastidisco: non sai come liberarti di me… Ma perché non parli chiaro, Patrizia?... Se non altro, saprei come regolarmi!... >>.
<<Parliamone pure, è giusto, ma non alziamo la voce>>.
Si tolse il “turbante”. Una ciocca di capelli le ricadde sulla fronte.
<<Vuoi?...>>, mi tese il portasigarette.
<<Di che marca sono?...>>.
<<Estere. Me le ha portate da Ginevra>>.
<<Anche le sigarette: bene!!>>.
“E’ più bella che mai”, pensavo. Ma la constatazione non mi coinvolgeva: rimanevo freddo, come dinanzi a una statua.
<<Forse non ti amo più…>>, mi udii proferire.
<<Non mi hai mai, amata!>>, s’infervorò. Intuivo il sollievo nella sua voce. <<Ma non ti rimprovero, Roberto. Quando uno è in buona fede, quale colpa si può fargli?... >>.
<<Che indulgenza!>>, ironizzai. <<Ora mi renderai la mia libertà, ed entrambi salveremo la faccia…>>.
<<In ogni caso>>, declamò, <<non eravamo adatti. Saremmo stati infelici, insieme, lo sai>>.
<<Insieme, dove?... Per te il nostro futuro non sarebbe andato oltre l’alcova! Le parti
si sono invertite, ormai. È la donna che illude, si diverte, ma alla fine è la carriera, a contare, l’ambizione; null’altro. Né è detto che ti sposi, quel grand’uomo… O ti basta essere la sua amante?...>>.
<<Questo è troppo, Roberto: hai colmato la misura! Non hai capito nulla, di me, e ti permetti di trinciar giudizi così offensivi. Lui è un grand’uomo, certo, se per grandezza intendi onestà, sentimenti elevati, pazienza.
Tanto vale che te lo dica: sono anni, che Alessandro pazienta. Mi ha parlato chiaro ancor prima del nostro incontro, ma io non l’amavo, e quella che tu definisci “ambizione”, non è stata sufficiente a indurmi a compiere un passo, che avrei potuto rimpiangere in futuro. Per tutto questo tempo si è limitato a starmi accanto, senza chiedermi nulla, senza forzarmi mai. Ma certe finezze, alla lunga non passano inosservate, e anch’io ho finito per apprezzarle. Forse doveva accadere, ma il tuo contributo è stato determinante>>.
<<Ti compiango>>, dissi soltanto.
Non provavo nulla, forse per il fatto che me l’aspettavo, o ero diventato fatalista.
<<Le arrampicatrici sociali non sono destinate a una gran felicità, mi consta…>>.
Scosse il capo.
<<Avrebbe potuto restare l’amicizia… Per amore di Nadia, se non altro…>>.
<<Che c’entra?>>, sbottai. <<Tra me e Nadia, nulla cambierà! È un paradosso, ma ho trascorso più tempo con lei che con te, ultimamente, pensa…>>.
(continua)
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