Elsa Buzzoni INTROBIO- Nell’antico Santuario della Madonna della neve di Biandino è stato sciolto il voto fatto dagli Introbiesi nel 1836, quando infieriva il “cholera morbus” : a Barzio morirono 35 persone, a Moggio 15, a Cremeno 12, a Cortabbio 30. Se il paese fosse stato preservato, si fece voto di salire in processione a Biandino ogni 5 di agosto, ricorrenza della Madonna della Neve, a cui era dedicato l’antico oratorio già citato negli Statuti della Valsassina nel XVI secolo. Nel paese non vi furono morti e l’unico malato guarì. In un manoscritto, l’ignoto estensore scriveva” Scalzi li piedi ceneri sul capo, sale per li sentieri salmodiando turba di popol rattristata e in pianto… “.
L’ Ing. Giuseppe Arrigoni, testimone oculare degli accadimenti, annotava “Era persuasione del volgo lombardo che il malore fosse ad arte introdotto per far perire gli uomini e srarire il mondo troppo gremito… Da Bergamo il male venne portato a Rancio, a S. Giovanni, a Castello e in altre terre lecchesi. Uomini, donne, ragazzi, costernati, fuggivano di qua e di la nei paesi sani sperando sottrarsi alla sovrastante morte”. Le osterie erano chiuse e i forestieri non potevano fermarsi negli abitati…
Le descrizioni sono riferite al 1836 ma è inevitabile associare queste vicende a quanto stiamo vivendo, ai tentativi per arginare la pandemia da Covid, anche in queste ore in cui è stato introdotto il “ green pass”. Dopo giorni caratterizzati da maltempo, il 5 agosto alle 5.30 del mattino, dopo le lodi, si è svolta la processione che da Introbio è salita in Val Biandino, costeggiando il torrente Pioverna, superando un dislivello di mille metri, percorrendo l’antica strada del Bitto, che collegava la Valsassina a Gerola quindi alla Valtellina.
Il Parroco don Marco Mauri e don Marco Ruffinoni, novello sacerdote introbiese ordinato nel settembre scorso, hanno scandito il lungo cammino della processione con la recita di preghiere, di rosari e di canti.
Fino ad alcuni anni fa, il Parroco saliva a cavallo : il cavallo era fornito dalla famiglia Invernizzi “Pedroon”, che ‘caricava’ l’Alpe di Sasso: aveva fatto voto perché un figlioletto era stato morso da una vipera e si era salvato per l’intercessione della Madonna di Biandino. Il quadro con l’ex voto è tuttora visibile nella chiesetta, ma è bello ricordare che scrissero “Finchè avremo mandrie, con qualsiasi tempo, lasciamo in giuramento perpetuo ai nostri discendenti che un nostro cavallo, condotto per mano da un nostro familiare, accompagni il Parroco da Introbio a Biandino il giorno 5 agosto di ogni anno che Dio ci farà dono di vivere”.
A Biandino si sale dunque per fede e per tradizione, come ha ricordato nella sua omelia Don Marco Ruffinoni, auspicando che l’aspetto religioso prevalga sul folklore e sulla festa ‘laica’ che da sempre si accompagna a questo giorno.
La santa messa è stata concelebrata all’aperto, con i fedeli radunati sui declivi dei pascoli che circondano il santuario, alla presenza del Prefetto, del Questore, del Comandante dei Carabinieri di Lecco e del Sindaco di Introbio.
Al ritorno, i fedeli si ritrovano alla “Cà del Dolfo” e in processione ritornano in paese, cantando le litanie nella melodia tradizionale e concludendo con il Canto del Te Deum e di “Gesù dolcissimo”, che per ogni Introbiese o fedele è il canto che conclude questa ricorrenza molto amata.
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