di Giovanni Alessi “Schiettamente parlando, si aspettava un così vasto consenso?”, chiediamo all’autrice di un soggetto veramente unico nel suo genere, recensito da prestigiosi periodici e rassegne letterarie.
“Diciamo che gli “addetti ai lavori” mi spronavano da tempo a dare il libro alle stampe, sino a far sì che mi risolvessi ad accogliere la proposta di pubblicazione della tanto stimata “Editrice Carabba”, dalla quale avevano visto la luce i miei ultimi tre volumi, in prosa e in poesia”, Germana Marini chiarisce.
“Prenotabile nelle librerie e disponibile in tutti i Digital Store”, soggiunge,” il successo del testo si può, a mio avviso, spiegare in ragione della singolarità di un soggetto che ad un secolo, ed oltre, dalla sottrazione dal Louvre del dipinto più celebre del mondo, non cessa di eccitare la fantasia della gente”.
“Sappiamo che le sono state rivolte richieste di presentazioni del volume un po’ da ogni parte, a partire da Racconigi, sua città natale. Presentazione che potrebbe aver luogo in settembre nella stupenda cornice del Castello Reale Sabaudo, attiguo all’abitazione che accolse il suo primo vagito…”.
“Questa sarebbe, a dire il vero, la speranza di un insigne esponente della cultura locale, che su di me ed altri notevoli cittadini colà nati, o vissuti, sta scrivendo, da tempo, un libro. Tornando al progetto concernente la presentazione de La Gioconda, a settembre, tutto dipende dal mio, ancora precario, stato di salute. Sono stata, infatti, vittima di una brutta caduta, le conseguenze della quale seguitano a condizionare, a distanza di mesi, la mia libertà di movimento . Amerei altresì poter tenere un simpatico incontro nella Biblioteca Civica di Dumenza, il paesello ove i fatti da me narrati nel libro sono accaduti, e dove ancora vivono gli ultimi parenti di Vincenzo Peruggia, nonché il luogo in cui La Gioconda, quella autentica, è, con tutta probabilità, nascosta … “.
“Il puntuale resoconto sul trafugamento del capolavoro vinciano è corredato dall’esauriente commento circa la sua familiarità con l’amata Dumenza, da lei assiduamente frequentata sin dai suoi primi anni, descritta con toccanti accenti e viva memoria nelle ultime pagine del testo…”.
“Confesso che mi sono io pure alquanto commossa nel descrivere l’estrema sensibilità d’animo e la capacità d’amare di un giovane, che affrontò senza battere ciglio un rischio grande come quello che lo vide protagonista, avente per obiettivo la conquista della bella Annunciata, suo primo, grande ed unico amore!... “.
“Un narrare, questo, che per sua ammissione non riporta un accadimento che non sia del tutto autentico. Uno solo”, non possiamo evitare di aggiungere.
“Assolutamente sì. Il mio attenermi alla verità, alla pura verità senza contaminazioni fantastiche di sorta, è stato scritto rappresenti il pregio più eclatante del testo”.
Degne di essere riportate mi appaiono le ultime impressioni dell’autrice, con tanto pathos espresse:
“Per la prima volta, mi sono sentita leggera. Appagata. In quel manoscritto, pronto per andare in stampa, avevo narrato la commovente storia d’amore di un giovane dall’animo delicato e candido, come quello di un bimbo.
Amore, da lui concepito come unica motivazione del vivere in giornate di fatica, di ansie, di speranze, di delusioni. Forza immensa, in grado di rivoluzionare l’Universo!
Un sentimento assoluto, disperato, straripante, sul tipo di quello descritto, parecchi anni dopo, da Jacques Prévert nella lirica Cet amour:
Cet amour
Si violent
Si fragile
Si tendre
Si désespéré
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