Secondo i dati dell’Indagine congiunturale di Federmeccanica sull’Industria Metalmeccanica relativi al primo trimestre e diffusi oggi, 9 giugno, la produzione metalmeccanica, dopo il crollo registrato nel 2020 (-13,5%), ha evidenziato un progressivo miglioramento che, iniziato a partire dai mesi estivi, è proseguito anche nei primi mesi dell’anno in corso.
Nei primi tre mesi del 2021, infatti, i volumi di produzione sono cresciuti del 15,6% nel confronto con l’analogo periodo dell’anno precedente e dello 0,8% rispetto all’ultimo trimestre del 2020.
Il miglioramento, evidenzia l’indagine di Federmeccanica, interessa tutte le attività dell’aggregato metalmeccanico, anche se è bene evidenziare come i dati positivi rilevati si basino sul raffronto tra marzo 2021 e marzo 2020, primo mese del lockdown che ha poi determinato il più grande calo della produzione e del fatturato mai registrato nel settore dal dopoguerra.
Nell’Unione Europea, evidenzia ancora Federmeccanica, emerge una forte differenziazione delle dinamiche produttive tra i paesi membri: l’Italia, che nei mesi di lockdown aveva subito perdite maggiori, si è riportata successivamente in linea con gli altri principali paesi dell’area, con un recupero dei livelli di produzione superiore nei mesi più recenti. Sui buoni risultati acquisiti ha influito, oltre al miglioramento della domanda interna, anche la ripresa del commercio mondiale che ha comportato, infatti, ricadute positive sul nostro interscambio commerciale. Le prospettive a breve indicano la possibilità di ulteriori recuperi dell’attività produttiva, anche se permane un clima d’incertezza strettamente connesso all’evoluzione della pandemia, della campagna vaccinale, nonché al problema della reperibilità e dei costi delle materie prime.
“Attendevamo da molti mesi un’inversione di tendenza ed ora i dati volgono finalmente al positivo, ma il confronto è con mesi terribili e sappiamo che prima di tornare a parlare di vera crescita servono ancora incrementi significativi” sottolinea il Presidente di Confindustria Lecco e Sondrio, Lorenzo Riva. “Inoltre - prosegue - dobbiamo quotidianamente confrontarci con il rincaro delle materie prime: a livello nazionale Federmeccanica evidenzia che l’84% del campione ha risentito dell’aumento dei prezzi dei metalli e dei semilavorati in metallo e che, nel 60% dei casi, l’incremento dei costi di produzione farà inevitabilmente lievitare i prezzi di vendita e porterà ad una riduzione dei margini di profitto. Segnale ancora peggiore è poi la scarsa reperibilità sia dei metalli, sia dei semilavorati in metallo che, purtroppo, non fa del tutto escludere episodi di interruzioni dell’attività produttiva”.
“Per sostenere la ripresa abbiamo senza dubbio bisogno di politiche industriali efficaci ed è necessario pensare anche al mercato del lavoro, riformando sia le politiche attive, per favorire l’occupabilità, sia gli ammortizzatori sociali” commenta il Presidente della Categoria Merceologica Metalmeccanico di Confindustria Lecco e Sondrio, Giacomo Riva. “Si insiste tanto sul blocco dei licenziamenti - continua - quando in realtà il vero problema delle imprese non è tanto quello licenziare, quanto quello di reperire le competenze necessarie per la crescita. Il tema oggi, per molti di noi, è quello di trovare persone preparate e motivate da inserire in organico già fornite di quelle skill di base, tecniche e trasversali, che potranno poi sviluppare lavorando in azienda. Sempre secondo le rilevazioni a livello nazionale il 56% del campione segnala difficoltà nel trovare personale qualificato. Per questo insistiamo molto su tutti i progetti in ambito education, dal sostegno all’istruzione tecnica e tecnico-industriale alla formazione duale, fino agli ITS. Ma lo snodo fondamentale per risolvere il gap fra domanda e offerta credo siano, da un lato, la diffusione di una migliore conoscenza del nostro sistema produttivo e, dall’altro, l’orientamento e la sensibilizzazione delle famiglie. E su questi aspetti continueremo a lavorare”.
Anche sul territorio, i dati dell’osservatorio sul mese di marzo indicano una ripresa per le imprese metalmeccaniche. Domanda, attività produttiva e fatturato sono infatti caratterizzati da una prevalenza di indicazioni di miglioramento rispetto a quelle di diminuzione.
Gli ordini sono aumentati sia a livello domestico, sia sul versante dell’export, per circa una realtà su due, a fronte di un rallentamento che ha interessato invece un caso su dieci. Nel dettaglio, la domanda interna è risulta in crescita per il 49% del campione, stabile per il 43,1% e in contrazione per il rimanente 7,8%. Le esportazioni sono state segnalate in espansione per il 54,3% delle aziende, in mantenimento per il 34,8% e in diminuzione per il restante 10,9%.
L’attività produttiva ha mostrato dinamiche coerenti con quanto esaminato per la domanda, con un aumento indicato dal 42% del campione, un rallentamento segnalato dal 6% e livelli stabili per il 52%.
Il fatturato, in linea con gli altri indicatori, è stato interessato da una crescita sia a livello italiano, sia sui mercati internazionali. Le vendite interne sono cresciute per il 55,8% del campione, sono rimaste stabili per il 36,5% mentre si sono ridotte per il restante 7,7%. L’export è aumentato per il 45,7%, è rimasto stazionario per il 37% ed è diminuito per il rimanente 17,4%.
Le aspettative riguardanti l’andamento del business formulate per il secondo trimestre dell’anno si sono rivelate principalmente orientate alla conservazione dei livelli, così come indicato da oltre tre realtà su cinque (61,5%); in caso di variazione, però, si è registrata una prevalenza di ipotesi di aumento (30,8%) rispetto a quelle di diminuzione (7,7%).
Anche le previsioni occupazionali sono risultate all’insegna di un miglioramento, con il 25% dei giudizi riguardanti l’espansione dei livelli, il 73,1% stabile e il restante 1,9% in diminuzione.
Le criticità inerenti le materie prime hanno determinato effetti anche sulle aziende metalmeccaniche lecchesi e sondriesi. Oltre ai rincari dei listini, segnalati da oltre nove realtà su dieci (90,2%), sono state rilevate difficoltà di approvvigionamento, sia in termini di estensione dei tempi di consegna (per il 63,3% del campione), sia in relazione alla quantità consegnata, che è stata inferiore a quanto richiesto per circa una realtà su tre (30%).
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