Scomparso nel maggio del 1999, fu giornalista, appassionato cultore di storia locale, ma anche pubblico amministratore e simbolo di altruismo e dedizione
di Claudio Redaelli - Giornalista e appassionato cultore di storia locale, ma anche esempio e simbolo di altruismo e dedizione. Enzo Venini, varennese, se n’è andato una sera di maggio del 1999 all’età di 73 anni.
Grande innamorato della “sua” terra lariana, da lui descritta e raccontata in tanti articoli di giornale e in numerosi altri scritti, sapeva distinguersi per la sua innata verve e la sua penna spesso arguta.
Chi scrive conobbe Venini all’età di 18 anni. Da allora le frequentazioni e i contatti telefonici furono innumerevoli. Negli anni Sessanta, in particolare, il dialogo con lui si intensificò. Era in discussione, in quel periodo, il futuro di una tra le più belle e rinomate strutture e residenze architettoniche del Lario. Si sta parlando di Villa Monastero.
Di lì a pochi anni ci trovammo a occuparci di un altro gioiello della “perla del Centrolago”: Villa Cipressi. In gioco c’era infatti il destino di quel compendio e perciò la mobilitazione fu generale. Quante battaglie mi trovai a combattere, anche in prima persona, in sede di consiglio provinciale! E quanto interesse sollevò l’iniziativa dei varennesi nel momento in cui i cittadini decisero di autotassarsi pur di salvare la villa.
Il 13 settembre 1980 il quotidiano l’Unità titolava: “I cittadini si sono autotassati e hanno comprato Villa Cipressi”.
Alla testa di quel comitato c’era, unitamente all’allora sindaco del paese, architetto Giorgio Monico, proprio l’amico Enzo Venini, che tanto si adoperò anche negli anni a venire perché quel patrimonio storico, artistico e culturale non andasse disperso e soprattutto potesse essere per sempre custodito dai varennesi.
Enzo Venini, si è detto, fu giornalista e cultore di storia locale. Fu però anche zelante pubblico amministratore e - negli anni Sessanta - sindaco di Varenna, stimato e benvoluto da tutti, senza distinzioni di appartenenza politica.
Lavorò per 35 anni alla “Fiocchi munizioni” di Lecco, che raggiungeva ogni giorno in treno.
Più di una volta mi ritrovai in stazione ad attendere il suo arrivo per chiedergli un consiglio o anche soltanto per conoscere il suo parere su un determinato problema. Sì, a suo modo era un autentico “personaggio”, l’amico Enzo, capace di “leggere” dentro e oltre ogni notizia.
Collaborò a una serie di testate giornalistiche. Ne citiamo alcune: La Provincia, L’Ordine, Il Resegonee il Punto Stampa, oltre alle più importanti riviste di vela, disciplina sportiva di cui era un grande appassionato. Le sue cronache dai campi di regata neppure si contano, tanto furono innumerevoli.
Fosse stato ancora in vita nel 2000 chissà come avrebbe gioito per le imprese di cui “Luna rossa” si rese protagonista proprio quell’anno in Nuova Zelanda all’“America’s Cup”. Ne avrebbe parlato agli amici con quel suo innato entusiasmo e loro ne sarebbero stati certamente contagiati. Starlo ad ascoltare era in effetti gradevole.
Nel cammino della sua vita non mancarono peraltro i momenti difficili. Uno, su tutti, quello della malattia che lo costrinse per qualche tempo a fermarsi. Sua moglie, l’adorata Erika, e i suoi figli Gian Giuseppe e Valerio gli rimasero sempre vicini. E così fecero gli amici, che non mancarono di infondergli fiducia sulle sue possibilità di ripresa. Anche noi lo incoraggiammo a ricominciare quel tragitto momentaneamente interrotto. Lui accettò e in effetti quella sfida la vinse.
Ancora grazie, allora, all’amico Enzo, per le sue lezioni di vita, delle quali fare tesoro ancora oggi, a quasi 22 anni dalla sua scomparsa.
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