Pubblicato nel 2001, il libro è una sorta di viaggio a ritroso attraverso ritagli di giornale recuperati dal ripostiglio e una serie di registrazioni radiofoniche e audiovisive
di Claudio Redaelli Fu alpinista di fama mondiale e avventuroso esploratore dei luoghi più sperduti e selvaggi del pianeta. Si sta parlando di Walter Bonatti, con la consapevolezza che un uomo è il risultato delle esperienze da lui vissute.
Forse proprio partendo da questo concetto, vent’anni fa - era infatti l’autunno del 2001 - Bonatti decise di raccogliere in un volume le cose dette e le interviste rilasciate nel corso di lunghi anni di attività, per accorgersi di quanto ancora vi fosse nell’uomo di allora se messo a confronto con quello anche di molti anni precedenti quella data.
Nacque proprio da questo presupposto Una vita così, una sorta di viaggio attraverso ritagli di giornali e interviste televisive lungo le tappe certamente avventurose della vita di un uomo coraggioso e sempre coerente: i successi, i contrasti, i pericoli affrontati e i rischi incontrati, quelli con i quali un viaggiatore estremo sa di dover convivere.
Quel libro, pubblicato da Baldini & Castoldi e concepito nell’ottica dell’immediato e dell’improvvisato e con il ritmo incalzante e provocatorio del botta e risposta, fu in realtà anche uno spaccato originale del tempo di cui l’autore era figlio, una fedele testimonianza delle scelte di vita anticonformiste dell’alpinista, da cui scaturì la figura di Walter Bonatti in tutta la sua dimensione umana.
Originario di Bergamo, classe 1930, Bonatti - scomparso nel settembre 2011 a Roma - iniziò giovanissimo a scalare alcune delle cime alpine più impegnative e partecipò alla drammatica spedizione italiana che conquistò il K2.
A partire dalla metà degli anni Sessanta si dedicò all’esplorazione delle regioni più impervie del pianeta e nel luglio del 2000 il presidente francese Jacques Chirac gli conferì il titolo di ufficiale dell’Ordine della Legion d’onore, ricordando nella motivazione “gli exploit di un avventuriero dell’estremo pronto a ogni rischio per venire in aiuto ai propri compagni”.
Una vita così era la normale e scontata prosecuzione di Un modo di essere, poiché era per lui ineluttabile colmare il vuoto di eventi e relativi commenti che lo avevano accompagnato nel periodo compreso tra l’88 e appunto il 2001. “Cominciò così -scrisse Bonatti nella premessa di quel suo nuovo libro - una sorta di viaggio a ritroso attraverso ritagli di giornale recuperati dal ripostiglio e una serie di registrazioni radiofoniche e audiovisive fortunatamente conservate”.
“L’operazione - aggiungeva l’autore - finì per assorbirmi e in più mi divertiva constatare come il tempo sovente avesse finito per dare ragione e consistenza a qualche mio discorso che all’origine era forse sembrato perdente, o addirittura fatto di puro astrattismo”.
Ne scaturì un collage di interviste, pensieri, dialoghi e commenti, in taluni casi anche con qualche decisa presa di posizione. A fare da sfondo vi era il succedersi degli avvenimenti che avevano visto Bonatti in veste di protagonista. Ma di pari passo sfilavano altresì le tendenze, le mode e i contrasti che avevano sempre più cambiato volto e motivazione al mondo della montagna e in generale dell’avventura.
“Se a volte affiora qualche considerazione un po’ enfatica o esageratamente laudativa - ebbe a scrivere Bonatti sempre nelle pagine introduttive del libro - si veda di perdonarle, fanno parte dell’atmosfera di un particolare argomento affrontato. Il tutto naturalmente va visto e considerato nell’ottica dell’immediato e dell’improvvisato, che sono caratteristiche peculiari dell’intervista in quanto tale, incalzante e spesso provocatoria. L’immediatezza, in questo caso, non può che garantire fedeltà e fondatezza al pensiero espresso”.
Le cose dette qua e là nel corso degli anni avevano del resto dato forma e carattere all’intero panorama della vita di Walter Bonatti uomo d’avventura e rappresentavano l’essenza di ciò che di volta in volta lui aveva voluto esprimere pubblicamente. “Se è vero che io sono il risultato delle stesse mie esperienze - ammetteva al riguardo l’autore di Una vita così - è altrettanto innegabile che quanto ho raccolto in questo libro costituisce un significativo spaccato del tempo di cui sono figlio. Ma al di là delle considerazioni espresse, queste pagine restano comunque una fedele testimonianza del come e del perché delle mie scelte di vita. Mostrano inoltre quali siano i motivi, i punti di interesse, le molle che hanno indotto i mass media a intervistare e a commentare un tipo come me. Non ultimo, il libro vuole anche essere un omaggio agli intervistatori più attenti e sensibili, che spesso mi hanno dato motivo di riflessione”.
Tra quegli intervistatori vi era Claudio Bottagisi. Il giornalista lecchese ebbe modo di incontrare e appunto di intervistare Walter Bonatti in occasione di una serata organizzata a Mandello dal Cai nel febbraio 1983 (presidente della sezione Grigne del sodalizio alpinistico era in quegli anni Mario Zucchi).
Nel libro Una vita così Bonatti parlò proprio di quell’intervista citando in particolare la domanda in cui Bottagisi faceva riferimento alla dichiarazione dell’alpinista ed esploratore secondo cui “la montagna ti cambia”.
Come allora e in che misura - chiedeva l’intervistatore - l’esperienza di alpinista prima e di esploratore poi ha modificato il suo rapporto con gli altri? La risposta di Bonatti fu: “La montagna ti cambia in quanto rende più esigenti, più riflessivi, più profondi. Nel mio caso mi ha cambiato portandomi verso i grandi orizzonti”.
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