Gianfranco Colombo E’ stato pubblicato il nuovo numero di “Archivi di Lecco e della Provincia”, la rivista curata dall’Associazione Bovara e pubblicata da Cattaneo Editore. Tra i diversi contributi che compongono la rivista, spicca quello di Francesco D’Alessio intitolato “Polifonia d’impresa. Radici economiche e strategie sociali dei Badoni fino alla Restaurazione”. Accanto ad una precisa ricostruzione degli sviluppi familiari dei Badoni sin dagli anni Trenta del Seicento, è interessante seguire la conversione alla metallurgia dei Badoni, che – come precisa D’Alessio – cominciò a manifestarsi nel 1785 con le nozze di Giuseppe Badoni con Angela Barone. «L’acquisizione dell’eredità Barone beneficò la fraterna Badoni di un’attività metallurgica… L’ingresso nel mondo del ferro non comportò quello in fucina dei Badoni: il loro ruolo rimase quello di mediatori e commercianti dei prodotti lavorati sia nelle loro che in altre officine». Nel 1806 avvenne la divisione dei beni da parte dei fratelli Badoni e segnò l’inizio del sodalizio tra Giuseppe Badoni ed il figlio Carlo: «Centro dei loro interessi – scrive ancora D’Alessio - era il complesso alla Cima di Rancio dove – senza velleità decorative – coesistevano l’abitazione, l’impianto fucinale e quello molitorio, i magazzini di stoccaggio delle merci e una bottega su strada». Nel 1818 Giuseppe Badoni passa il testimone al figlio Carlo, che decide di votarsi definitivamente alla metallurgia, accelerando di fatto, la storia imprenditoriale in quel settore da parte dei Badoni. Altro saggio interessante è quello di Massimo Gozzi, dedicato alla navigazione sul Lario ed in particolare al “nodo” di Lecco come centro commerciale legato ai traffici lacustri. Dopo una descrizione delle imbarcazioni che solcavano il nostro lago a partire dal secolo diciassettesimo, l’autore si sofferma su Lecco, come centro commerciale reso strategico proprio dalle vie d’acqua: «L’importanza di Lecco per i traffici – scrive Gozzi - diviene evidente quando il loro infittirsi poneva in modo più evidente l’esigenza di una più stretta interconnessione tra le diverse vie di comunicazione, interconnessione che, d’altra parte, costituisce la ragione stessa della navigazione».
Un deciso sviluppo a questi traffici deriva dalla decisione austriaca di istituire un collegamento per via d’acqua tra il Lario e Milano. La costruzione del canale di Paderno, inaugurato nel 1777, e la conseguente bonifica delle paludi di Sorico e della piana di Colico, furono determinanti. Le vie d’acqua, insomma, erano ritenute, in quegli anni, più efficienti di quelle terrestri. A dare un colpo letale a questo “sistema” che privilegiava l’acqua, fu la ferrovia. «All’apertura del traforo del San Gottardo, nel 1882, - continua il Gozzi – si ridisegnava completamente la mappa dei trasporti di una vasta area… A differenza del passato, la direzione dei transiti veniva ad essere invertita: mentre in precedenza, infatti, le merci giungevano a Lecco e Como per essere inviate verso lo Spluga attraverso il lago, ora provenivano dall’Alto Lago e dalla Valtellina, per essere inviate nel nord Europa attraverso la ferrovia del Gottardo. Il destino era però segnatoi per la navigazione da trasporto commerciale e si sarebbe drasticamente imposto dopo la Seconda Guerra Mondiale: la condanna del trasporto navigante delle merci correva ormai velocemente sulle rotaie ed in seguito sempre più sulle ruote di gomma». Una descrizione inedita della Lecco industriale di fine Settecento è quella che Pietro Dettamanti ha scovato in due lettere del 1798 di Carlo Amoretti (1741-1816). I due scritti fanno parte del diario di un viaggio compiuto dall’Amoretti sulle rive del laghi di Como e Maggiore dal 29 giugno al 4 luglio 1798. «Molti sono i motivi di interesse di queste lettere – scrive Pietro Dettamanti – oltre ad essere una testimonianza della Lecco industriale alla fine del Settecento, esse documentano un particolare momento storico, successivo all’ingresso a Milano delle truppe francesi nel maggio 1796 e alla nascita, l’anno successivo, della Repubblica Cisalpina. Scritte in uno stile vivace e brioso, queste lettere alternano osservazioni di carattere tecnico, naturalistico e geologico ad altre di contenuto storico e paesaggistico, senza trascurare curiosità e particolarità locali». Altri contributi presenti su questo numero di “Archivi” sono quello di Marco Maggioni su “Salari, orari e bugie nel setificio lecchese dalla metà del Settecento al 1873”; segue Marco Sampietro con “La più antica pergamena dell’archivio parrocchiale di Pasturo (Baiedo, 19 luglio 1337)”; chiude Marco Brivio con “Il collegio dei XII Reggenti di Merate».
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