Nel marzo 1976, presente l’allora presidente della Camera Sandro Pertini, si tenne la cerimonia di decorazione del gonfalone della città con la medaglia d’argento al valor militare
di Claudio Redaelli Era il marzo 1976 e a Lecco si teneva la cerimonia di decorazione del gonfalone con la medaglia d’argento al valor militare conferita alla città. Un riconoscimento e al tempo stesso un impegno, come ebbe a sottolineare l’allora sindaco Rodolfo Tirinzoni, ossia quello di operare per il consolidamento della Costituzione repubblicana, per la difesa della democrazia e della libertà, ideali grandi e nobili per i quali caddero tanti combattenti della Resistenza.
La storia di Lecco, del resto, manifesta nel periodo della Liberazione un particolare momento di tensione ideale e di partecipazione popolare alla lotta per la libertà contro l’invasione tedesca e la dittatura fascista.
“Lecco e il suo territorio - scriveva Tirinzoni in quella circostanza - rinnovano, tra il settembre 1943 e l’aprile 1945, l’impegno coraggioso dei padri che nella primavera del 1848 si erano schierati contro la presenza austriaca in Lombardia, alimentando di uomini generosi le formazioni di patrioti che dallo Stelvio a Milano combattevano contro lo straniero”.
Il conferimento della medaglia d’argento alla città di Lecco (la cerimonia del ’76 si svolse alla presenza di Sandro Pertini, all’epoca presidente della Camera, medaglia d’oro della lotta di Liberazione) fu un momento estremamente importante e significativo. La Repubblica nata dalla Resistenza riconosce del resto il valore ed esalta il sacrificio di quanti caddero sui nostri monti, nelle nostre valli, lungo le nostre strade nei giorni delle ultime decisive battaglie.
E quel solenne riconoscimento ricordò ai giovani quanti rischiarono la vita, la prigionia e le rappresaglie per aiutare sbandati, perseguitati politici, prigionieri stranieri fuggiti dai campi di raccolta, ebrei, patrioti feriti e affamati. Tanti episodi oscuri di eroismo e generosità.
Per celebrare ancor più degnamente quel prestigioso riconoscimento venne data alle stampe una pubblicazione in cui venivano racchiuse in testi e in immagini le lotte combattute durante il periodo oscuro della dittatura fascista.
Gruppi operai nelle fabbriche, circoli proletari, ambienti di intellettuali e studenti avevano del resto sempre alimentato la speranza di un ritorno alla democrazia e alla libertà.
Il 27 luglio 1943 Lecco aveva visto sorgere un comitato unitario cittadino cui avevano aderito tutti i partiti antifascisti: dalla Democrazia Cristiana ai comunisti, dai socialisti ai repubblicani fino al Partito d’Azione. Era, quella, la premessa della Resistenza, che si sarebbe manifestata esplicitamente l’8 settembre.
“Nel periodo storicamente conosciuto come “i 45 giorni di Badoglio” - si legge nella pubblicazione cui si è fatto cenno - la città e il circondario registrano un’intensa attività politica su basi democratiche e popolari. I complessi industriali vedono le nuove commissioni interne in sostituzione dei sindacati fascisti, risorgono i partiti democratici nelle loro diverse componenti, le organizzazioni sindacali e cooperativistiche. Le commissioni interne nelle fabbriche sono animate da un gruppo di antifascisti di vecchia data e di giovani patrioti. Alcuni di loro perderanno la vita nei campi di concentramento o dinnanzi al plotone di esecuzione per la fedeltà agli ideali di democrazia, di libertà, di emancipazione delle classi lavoratrici”.
L’8 settembre trovò pertanto Lecco non impreparata a lottare, anche con le armi, contro l’occupazione nazista e la risorgente dittatura fascista. Le formazioni partigiane si costituirono sulle montagne di Lecco e la popolazione - soprattutto i lavoratori e i contadini - fu vicina alle nascenti formazioni della Resistenza con aiuti di ogni genere.
Lecco cominciò così a rappresentare il cervello di una vasta organizzazione che si sarebbe ben presto delineata in tutta la provincia. Vennero poi mesi di dura lotta, di rappresaglie, di attacchi alle formazioni partigiane. Alla fine il bilancio sarebbe stato di 349 partigiani caduti sulle montagne lecchesi o in terre lontane, altri 302 feriti, circa 800 finiti nei campi di concentramento nazisti.
“Il ricordo del loro sacrificio, l’impegno politico della loro scelta in quell’ora tragica - si legge nelle pagine di Lecco e il suo territorio nella lotta di Liberazione - indicano Lecco meritevole del conferimento della medaglia d’argento al valor militare per la partecipazione e le perdite subite nelle giornate della Resistenza e della Liberazione”.
Quindi via alle testimonianze di monsignor Teresio Ferraroni, vescovo di Como e cittadino benemerito di Lecco, dell’onorevole Gabriele Invernizzi, di Spartaco Mauri e del giornalista Giulio Alonzi. E altre pagine su cui riflettere, allora come oggi.
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