2020-11-17

TRENTA ANNI FA MORIVA JEAN MARC BOIVIN, L’ULTIMO DEGLI EROI ROMANTICI, TRA I PIU’ GRANDI POLIVALENTI DELLA MONTAGNA

La leggenda dell’uomo che ha rivoluzionato lo sport estremo. 

Diceva: “Senza rischio la mia vita non ha senso”. 

 

di Renato Frigerio 17 febbraio 2020: per molti sarà stato un giorno come un altro, per altri invece sarà potuta essere una data particolare, per ricordare e festeggiare la ricorrenza di un anniversario che ha inciso più o meno profondamente sulla propria esistenza. Non pensiamo che sia stato rilevante il numero delle persone che abbiano accostato questa data a quella del 1990, quando cessava tragicamente di vivere uno dei più grandi alpinisti di ogni tempo, Jean Marc Boivin.

Quest’anno appunto la scomparsa dell’alpinista francese sarebbe potuta essere avvertita con un opportuno risalto, per il fatto che la ricorrenza si compiva a distanza di una di quelle cifre tonde che ne amplificano il significato: 30 anni, una parte significativa di secolo. Per chi si sente preso dalle vicende dell’alpinismo, anche i grandi dei decenni passati non si possono perdere in un buio tramonto, e Jean Marc Boivin appartiene di certo alla ristretta cerchia dei giganti della montagna. Di proposito usiamo per lui il termine generico di montagna, perché ad essa Jean Marc ha dedicato tutta la sua vita accostandola sotto ogni aspetto, non legato in modo esclusivo all’alpinismo. Pure se questa è stata la sua attività predominante, da vero innamorato, la montagna l’ha circuita in ogni maniera, precedendo tutti quelli che in definitiva presero poi da lui le mosse. Della montagna ha fatto il luogo dei suoi sogni e delle sue iniziative, a partire dagli spericolati voli con paracadute, parapendio, deltaplano e base jumping (si lanciava da ponti, palloni aerostatici, piloni delle funivie), dalle pazzesche discese con gli sci, fino alle originali testimonianze dello sport estremo in montagna, conferita dalle immagini delle telecamere che portava sempre con sé. Perfino con la sua morte è riuscito a stringere un ulteriore e più forte legame con la montagna, mettendo a repentaglio la vita nel lanciarsi con il paracadute dai 900 metri del Santo Angel, in Venezuela, la cascata più alta del mondo, per soccorrere un suo compagno. Un gesto di generosità, perché lui non potè resistere, nell’aprire la vela, al suo istinto di cercare il limite estremo, e atterrando morì dissanguato, dopo aver invitato i soccorritori ad occuparsi dell’amico, prima di lui, Ma quel giorno la sua storia divenne leggenda. 

Jean Marc Boivin, che nacque a Digione il 6 aprile 1951, aveva studiato da perito tecnico, ma volle essere subito professionista dell’avventura. Lo troviamo come Guida Alpina, Maestro di sci, Maestro di volo libero e produttore di film. La sua storia, fino al 1986, è raccontata nell’autobiografia dal titolo “L’uomo dei ghiacci”, collana Exploits, edizioni dall’Oglio, e in una decina di film. In Italia è uscito attorno al 1995 per la serie “I capolavori del cinema di montagna” il video “Discese”, regia di Jean Afanasieff, girato in occasione della quadrilogia del Monte Bianco. Fu solo a partire da inizio degli anni ’80 che cominciò ad essere apprezzato dal grande pubblico, grazie alla rappresentazione che fece di lui Ambrogio Fogar in una delle sue storiche trasmissioni del ciclo “Jonathan” su Italia 1. Ed è praticamente da quel periodo che prendono enorme risalto le sue poliedriche imprese. Raccontare, anche solo succintamente, tutto ciò che ha fatto, risulterebbe riduttivo e impossibile per un breve trafiletto. Chiedere a chi lo ha conosciuto quale sia stata la sua più grande impresa, vorrebbe dire ottenere da ognuno una risposta diversa. Alpinista di alto livello, esploratore, scalatore su ghiacci, sciatore estremo, amante del volo, ossessionato dalla sperimentazione: Boivin era tutto questo, e soprattutto lo è stato spesso prima di tutti gli altri, tanto che molti ipotizzano una linea di demarcazione tra ciò che l’estremo era prima della sua scomparsa e ciò che è diventato successivamente. 

Un personaggio di questa levatura non era però sfuggito in casa Gamma già quando Jean Marc era poco oltre i suoi esordi: il gruppo alpinistico lecchese del resto aveva sempre avuto un fiuto straordinario per comprendere le qualità e le potenzialità degli alpinisti che iniziavano ad affacciarsi su questo palcoscenico. L’intento del gruppo Gamma in questo senso si svolgeva nella funzione di tener desta la tradizione alpinistica cittadina e di incrementare l’interesse dei più giovani verso un’attività sportiva dove le precedenti generazioni avevano mietuto numerosi allori per se stessi e suscitato l’ammirazione di tutto il mondo per la nostra città. Jean Marc Boivin fu invitato a Lecco dai Gamma, in una sala gremita all’inverosimile. Si era nel 1980, proprio l’epoca in cui Boivin si apprestava a compiere il prodigioso balzo verso le sue imprese più importanti, conquistando quei primati che indussero Roberto Mantovani, uno dei più competenti storici di alpinismo, a scrivere a sei anni dalla sua scomparsa: “ È materia troppo fresca per dire se sia stato il più grande in assoluto, ma è stato un grande atleta in un periodo che sembra già lontano. Quasi nessuno dei record di Boivin è stato imbattuto, ma questo non ha importanza, perché se in questi anni il mondo della montagna è progredito velocemente, molto del merito è suo”.

 

 

 

 

Note di rilievo a margine:

 

La telecamera dell’avventura. 

 

Gli appassionati lecchesi conobbero Jean Marc Boivin nel 1980, quando in città intervenne sulla scena, presso il cinema Marconi, in Viale Dante, affollato fino all’inattendibile nell’occasione, per presentare una storica conferenza, su iniziativa del gruppo alpinistico lecchese Gamma. 

Negli ultimi anni, con sé, Boivin aveva sempre la telecamera. 

“Fu il primo – sottolineò Fogar – a capire l’importanza delle immagini e l’impatto che avrebbero avuto le testimonianze dello sport estremo”. 

 

Pillole sulle performance. 

 

Per polivalenza, innovazione e velocità tra gli exploit di Boivin si segnalano: 

 

I voli – Dal K2 (8616m): discesa in deltaplano, record mondiale di altitudine da quota 7600m, nel 1979; dall’Aconcagua (6962m): in deltaplano biposto con D. Marchal, record mondiale d’altitudine, nel 1981; dal Gasherbrum II (8035m): decollo in deltaplano dalla cima, record mondiale d’altitudine, nel 1985; dal Ritacuba (5200m). in Colombia: atterraggio di precisione sulla vetta dopo il lancio da un aereo; dal Cervino (4478m): decollo in deltaplano, nel 1980; dall’Everest (8848m): decollo in parapendio, record mondiale d’altitudine, nel 1986; dal Salto Angel (972m): in base jump, nel 1990.

 

I concatenamenti – Cervino: la famosa tripletta. Discesa dalla parete Est con gli sci, decollo col deltaplano dalla cima e scalata della parete Nord in solitaria, in sole 4h e 10’, nel 1980; 

Monte Bianco: quattro pareti Nord in meno di 24 ore, salita e discesa. Scalò in 17 ore l’Aiguille Verte, Les Droites, Les Courtes e Grandes Jorasses, con discesa ogni volta con un volo a vela. Ecco la successione: Aiguille Verte (4785m) e discesa con paracadute direzionale, Les Droites (4000m) e discesa in deltaplano, Les Courtes (3856m) e discesa in deltaplano, Grandes Jorasses (4208m) e discesa in deltaplano a Chamonix, nel 1986; 

 

Lo sci estremo - Concatenò in un solo giorno 5 discese con gli sci dalle stesse vette dell’anno prima, con l’aggiunta della Moine, dalla parete Ovest, quella che nessuno aveva mai tentato, nel 1987. Impresa documentata nel film “Discese”, con tanto di telecamera montata sul deltaplano. Ecco la successione: Aiguille Verte (60/65°), Aiguille du Moine, parete Ovest (50/55°), Les Droites , parete Sud (60/65°), Grandes Jorasses, parete Sud (45/50°), Les Courtes, parete Nord (55/60°). 

 Altre discese: Huascaran (6768m), parete Sud (50°), Huascaran (6650m), parete Nord (50/55°), Pisco (5780m), parete Nord (50/55°), Quirataju (6100m), parete Nord (50/55°), nelle Ande. Sulle Alpi: Aiguille Verte (4785m), couloir en Y (50/55°), Les Courtes, parete Nordest (55/60°), Cervino, parete Est (45/50°), Mont Blanc du Tacul, via Kuffner (55/60°). 

 

Le spedizioni extraeuropee - K2, nel 1979, Aconcagua nel 1981, Patagonia (vela-montagna, prima traversata dello Hièlo Continental), Amazzonia, nel 1984, Gasherbrum II, in solitaria, nel 1985, Everest, nel 1986. 

 

Altre scalate principali.-. Roccia: Monte Bianco, Pilastro Rosso del Brouillard, seconda invernale, percorso in 3h e mezzo da Patrick Bèrhault insieme a Jean Marc Boivin, nel 1982; Cresta di Peutèrey Integrale in solitaria in 10h 30’, nei giorni 9 e 10 luglio 1983; Eiger, parete Nord, in solitaria con l’uscita per la Direttissima Americana in 7h e 30’, il 31 luglio 1983; Ghiaccio: Monte Bianco, Pilier d’Angle, prima in solitaria alla via Bonatti-Zappelli, in 4h, nel 1978; Cervino, in solitaria alla parete Nord, in 4h e 10’, nel 1980. 



 Box – JEAN MARC BOIVIN (1951-1990)

Jean Marc Boivin era nato il 6 aprile del 1951 a Digione. Studiò da perito tecnico e divenne Guida Alpina, Maestro di sci, Maestro di volo libero e produttore di film. Professionista dell’avventura, Boivin dedicò la sua vita alla montagna. Oltre che di arrampicata, era esperto di deltaplano, parapendio e base jumping (il brivido di un salto da basi fisse). Eseguì con successo un lancio col paracadute di 900 metri dal Salto Angel, in Venezuela, ma lì morì il 17 febbraio 1990 cercando di ripeterlo. 

Sulle Alpi ha aperto e ripetuto le vie più difficili. Le ascensioni di Boivin includono l’Integrale della Cresta di Peutèrey, la parete Nord dell’Eiger e il Grand Pilier d’Angle. 

Boivin fu un appassionato di concatenamenti nelle Alpi, arrampicando spesso in solitaria. 

Nel 1979 la discesa dal K2 col deltaplano. Deteneva il record mondiale di quota con parapendio: si lanciò dalla cima del Gasherbrum II nel 1985 e dall’Everest nel 1986: 11 minuti per raggiungere il Campo II.

(Per la cronaca si rammenta che il 1986 è anche l’anno che sull’Everest lo svizzero Erhard Loretan e il francese Jean Troillet scalano in appena 40 ore, andata e ritorno, la direttissima tracciata dai giapponesi sulla parete Nordovest nel 1980). 

È del 1986 anche il capolavoro sul Monte Bianco: 4 pareti e 4 voli in un solo giorno. 

“Io voglio vivere, vivere da morire”, scrisse Boivin per chiudere la sua autobiografia. 

Quella frase è diventata l’epitaffio di un’epoca.  

 

 

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