2020-09-30

17 AGOSTO 1858: TYNDALL SALE IN SOLITARIA SUL MONTE ROSA

di Renato Frigerio - L’irlandese John Tyndall fu uno dei più insigni scienziati dell’Ottocento e un pungente polemista, e dovette alle sue ricerche sui ghiacciai la passione per l’alpinismo. Fu autore di due prime: la conquista della impeccabile forma piramidale della grande parete Est del Weisshorn, nel 1861, con la guida svizzera Johann-Joseph Bennen e la traversata del Cervino da Breuil a Zermatt, nel 1868, con le guide valdostane Jean-Joseph e Jean-Pierre Maquignaz. Nel periodo dal 1857 al 1859, fu tre volte sul Bianco, e due sul Rosa e la seconda volta vi salì da solo. 

Sul Monte Rosa andò con la famosa guida Christian Lauener il 10 agosto 1858 e, quando il 17 la stessa guida di Lauterbrunnen, nell’Oberland, si aggregò ad una comitiva, si sentì ispirato dal tentativo di salirvi con le sue sole forze “per contemplare il mondo dalla cima”. 

La narrazione si trova in “The Glaciers of the Alps” al capitolo XXII (‘Second ascent of Monte Rosa’) e sono pagine significative, bilanciate fra scienza e alpinismo, audacia e prudenza, riflessioni e incantesimo, in una sfida entro lo spazio. 

Tyndall rivela di trovarsi a suo agio col freddo, di amare il vagabondaggio in maniche di camicia, e quel giorno dice di essersi alleggerito della giacca e del fazzoletto da collo, per affidarsi al sole e ai movimenti del corpo per compensare la perdita di calore. 

Lauener lo aveva lasciato con un portatore che doveva allenarlo sui ghiacciai, ma Tyndall pensava di “conquistare la cima del Rosa” con un panino al prosciutto e una bottiglietta di tè, convinto di farcela con questa frugale colazione introdotta in una bisaccia. Quando la guida scelta per scortarlo vide che era in maniche di camicia si rifiutò di seguirlo e allora Tyndall gli mise sulle spalle la sacca e lo precedette. L’altro cercò di avvertirlo che non era sulla strada giusta per lo Schwarze See e l’indifferenza del cliente lo rese perplesso. Ritrovata la traccia della prima salita con Lauener, Tyndall la seguì, ma il portatore si rifiutò 

di seguire lui. Fu ricompensato da un assegno di 5 franchi, poi Tyndall si caricò della bisaccia e del telescopio. E ci ha trasmesso questo lapidario commento: “He returned, and I went on alone”. Ossia: “Egli tornò indietro, e io proseguii da solo”: 

Proseguì troppo velocemente, avvertendo gli effetti dello sforzo, e rallentò il passo, regolandosi sul ritmo dell’alzata delle gambe e della forza di gravità nel farle ricadere, evitando anche le più brevi accelerazioni. Il sole continuò a saettarlo coi suoi raggi ardenti e Tyndall notò una strana modificazione della luce sui pendii innevati. “Alzai gli occhi e vidi un favoloso sfoggio di interferenze colorate”. Fra lui e il sole si era stesa una leggera cortina di nubi, e il sole era inondato da colorature di arancione, rosso, verde, turchino. “Tutte le sfumature generate dalla diffrazione si mostravano esibendosi al sommo grado di splendore”. Splendidi fenomeni che si ripeterono di nuovo per tre volte. E sopravvenne a metà dell’ascesa il rimbombo di una valanga che staccatasi dalla parete del Lyskamm, si riversò furiosamente verso la valle “lanciando nell’atmosfera le sue nubi sferiche di polvere di ghiaccio”. 

Tyndall aprì la sacca, addentò il panino e bevve quasi tutto il tè; e arrivò ben presto nel punto dove la cresta innevata si unisce alle rocce che formavano la cresta sommitale. Ha lasciato scritto: “Ad ogni passo aumentava il mio distacco da ogni sensazione di vita e cresceva il mio senso di solitudine”. Salì e scese strapiombi, si aggirò su cenge, superò fessure e spigoli rocciosi, passò sull’ultimo intaglio profondo e accidentato, e raggiunse la sommità. 

Dalla vetta scorse un mondo di nubi e montagne ai suoi piedi, la Svizzera luminosa e grandiosa e l’Italia anch’essa grandiosa ma immersa in una semioscurità. Gli sfuggì dalle mani la piccozza scivolando a una dozzina di metri da lui e facendogli accapponare la pelle, ma riuscì a recuperarla, il trentottenne alpinista solitario discese, con estrema prudenza, affidandosi alla forza di un’idea: ossia il pensiero di affrontare, in caso di scivolata, una fila di rocce aguzze toccandole ancora in vita. “Unkilled”. 

Il resoconto dell’ascensione solitaria si chiude con l’avvertenza seria di non esporsi ai pericoli delle Alpi. Si è, è vero, abituati ad essere soli sui ghiacciai, ma talvolta, scrive: “anche quando c’è una guida davanti a sorvegliarmi, ho sentito il vivo desiderio di averne un’altra dietro di me”. E mestamente termina: “se l’alpinismo senza guide dovesse diventare un’abitudine, presto o tardi ne deriverebbero deplorevoli conseguenze”. 

 

John Tyndall (1820-1893). Irlandese di umili origini, divenne uno dei più importanti scienziati dell’era vittoriana, lavorando con Michael Faraday del quale fu il successore alla Royal Institution di Londra. Le sue imprese alpine riguardavano principalmente i ghiacciai e fu uno dei protagonisti della grande disputa su di essi che infuriò per tutta la seconda metà del secolo di riferimento. Il suo “The Glaciers of the Alps” fu uno dei punti focali dell’argomento; il suo principale oppositore fu Forbes. Dal 1860, iniziò a dedicarsi a un alpinismo più competitivo con un tentativo sul Cervino, durante il quale raggiunge la Grande Torre sulla cresta del Leone, il punto più alto raggiunto fino a quel momento. Nel 1862 fece un altro tentativo e raggiunse, a quota 4241m, la spalla triangolare, ora chiamata Pic Tyndall. Whymper vedeva in Tyndall un serio rivale, ma Tyndall non tornò al Cervino fino al 1868 (tre anni dopo la prima ascensione), quando fece, con le guide e fratelli Maquignaz, la prima traversata da Breuil a Zermatt via cresta del Leone e cresta Hornli. Nel frattempo, nel 1861, aveva fatto la prima ascensione del Weisshorn (Corno Bianco), 4512m, sempre nelle Alpi Pennine, ed era stata la notizia di questo successo che aveva fatto concentrare Whymper sull’ancora inviolato Cervino. Tra l’altro, negli anni sessanta del 1800, Tyndall salirà ai 4158m della Jungfrau, i 4274m del Finsteraarhorn, 

i 3970m della vetta dell’Eiger e i 4195m dell’Aletschhorn. 

Tyndall si offendeva e andava in collera facilmente. Rassegnò le dimissioni dall’Alpine Club, nel 1862 (a quel tempo era vice presidente) per una canzonatura di Leslie Stephen sul compito della scienza nell’alpinismo; litigò con Edward Whymper per particolari riguardanti il Cervino e, naturalmente, con Forbes per i ghiacciai. In seguito fece alcune disastrose sortite in politica che macchiarono la sua reputazione scientifica. 

Tyndall descrisse le sue esperienze alpine in “The Glaciers of the Alps” (1860) e in “Hours of Exercise in the Alps” (1871). 

 

  

 

 

 

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