Gianfranco Colombo - Alessandro Manzoni ebbe, nella sua lunga vita, due mogli: Enrichetta Blondel (1791-1833) e Teresa Borri Stampa (1799-1861). Furono due matrimoni molto importanti per lo scrittore, come sottolinea Jone Riva, per tanti anni segretaria del Centro Nazionale Studi Manzoniani di Milano, nel suo interessante saggio intitolato “Enrichetta e Teresa. Spose e compagne diversamente amate”, apparso sul nuovo numero della rivista “Archivi di Lecco e della Provincia”. Sia Enrichetta che Teresa furono due donne fondamentali per il Manzoni anche se molto diverse, come ben mette in rilievo la studiosa: «Diverse erano Enrichetta e Teresa, diversi gli anni in cui sono entrate in Casa Manzoni, diverso soprattutto quell’Alessandro che le ha chieste in sposa. Diverse, ma non più o meno amate, perché entrambe le unioni si posso definire riuscite, felici, vissute appieno». Alessandro Manzoni sposò Enrichetta Blondel il 6 febbraio 1808: lui aveva 23 anni, lei 16.
Fu un matrimonio lampo: il giovane Alessandro vide per la prima volta la giovanissima Enrichetta nell’autunno del 1807 nella villa di Maddalena Sannazzari a Blevio, sul lago di Como. Fu un incontro organizzato dalla madre del Manzoni e che ebbe esito felice. Il fidanzamento ufficiale avvenne poco tempo dopo e nel giro di due mesi Enrichetta e Alessandro convolarono a nozze. «Voi troverete che sono andato un po’ di corsa; - scrive lo stesso Manzoni a Claude Fauriel - ma dopo averla veramente conosciuta, ho creduto inutile ogni ritardo. La sua famiglia è delle più rispettabili per l’amicizia che vi regna, e per la modestia, la bontà, e tutti i buoni sentimenti. Infine non dubito che farà la mia felicità e quella di mia madre, senza la quale non può esservene per me». Fu una previsione azzeccata: fra i due sposi ci fu sempre comunità d’intenti.Enrichetta fu anche determinante per la conversione di Manzoni e di sua madre Giulia al cattolicesimo: «Con la sua ferma volontà, manifestata senza strepiti, senza imposizioni, con il desiderio di conoscere e di far sua la stessa religione cattolica attraverso l’abiura del calvinismo, Enrichetta trascinerà anche suocera e marito a una pratica religiosa più rigorosa e intensa, che diventerà per tutti una regola di vita. Il legame tra Alessandro e Enrichetta, sposi, e il loro con Giulia, diventerà ancora più forte, stretto, indissolubile. Saranno anni felici, allietati dalla nascita di tanti figli». Enrichetta morì nel 1833, lasciando nella vita dello scrittore un vuoto profondo. Per il grande ruolo che Enrichetta ebbe dentro la famiglia Manzoni, non tutti videro con favore il secondo matrimonio di Don Lisander con Teresa Borri Stampa (1799-1861), celebrato il 2 gennaio 1837. La seconda moglie dello scrittore era nata a Brivio nel 1799; a diciannove anni aveva sposato il conte Stefano Decio Stampa. Dalla loro unione nacque, nel 1819, Giuseppe Stefano, ma appena un anno dopo Teresa rimase vedova. Fu Tommaso Grossi a presentare Teresa ad Alessandro e tra i due nacque un’intesa che portò al matrimonio: «Quando si era sposato la prima volta, Alessandro stava per compiere 23 anni…
L’Alessandro Manzoni che sposava il 2 gennaio 1837 la trentasettenne Teresa, aveva 52 anni, era padre di sette figli, aveva già perso, un anno dopo la moglie Enrichetta, la primogenita Giulia; aveva già composto e pubblicato la maggior parte delle opere per le quali noi lo ricordiamo: gli Inni sacri, Il 5 maggio, le tragedie, I Promessi sposi; aveva già iniziato l’eterno lavoro sulla lingua, e di lui si conosceva l’aspirazione all’indipendenza nazionale». La morte di Enrichetta l’aveva addolorato tantissimo, ma Teresa era un altro “mondo” rispetto alla prima moglie: «Era diventato quell’Alessandro Manzoni con e grazie a Enrichetta, era sconfortato dal non continuare a vivere con lei, e non voleva di sicuro al suo fianco una copia di Enrichetta. E Teresa era tutt’altra donna: bella, attraente, elegante, dotata di un buon patrimonio, che amministrava con oculatezza, conosceva la vita».
Anche questo secondo matrimonio fu molto importante per lo scrittore come egli stesso dichiarò in una lettera del 1840 ad Euphrosine Falquet Planta, un’amica della madre: «Dio ha più che esaudito i miei voti, dandomi una compagna in cui trovo la più grande consonanza di gusti, un’affezione alla prova di tutti i miei difetti e l’interesse più vivo e spontaneo per tutto quanto riguarda la mia famiglia».
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