Giovanni Alessi - Nei giorni più intensi delle correnti vacanze di agosto sembra che quest’anno il movimento di villeggiani e turisti, sia stato più intenso in montagna che sulle spiagge dei mari. Anche la Valtellina, lungo tutta la sua direttrice, dall’inizio della provincia di Sondrio al Passo dello Stelvio, lungo “la strada del cielo”, ha registrato un movimento superiore alle previsioni della vigilia.
Il paesaggio della Valtellina non manca di presentare, 33 anni dopo, i “segni” della terribile alluvione dell’estate 1987. Tutto era cominciato intorno alla terza domenica del mese di luglio, con la frana di Tartano, e poi con il fiume Adda furioso, per continue piogge, che sfondava gli argini del Pian della Selvetta e verso Morbegno.
Sant’Antonio Morignone e la Val di Sotto, a sud di Bormio, venivano allagate il 18 e 19 luglio; dieci giorni più tardi si verificò l’incredibile frana della Val di Pola, staccatasi dal Monte Coppetto che spazzò via tutto.
Lecco divenne il centro di passaggio delle colonne di soccorso dirette alla provincia di Sondrio già nella notte fra il 18 ed il 19 luglio, dove, con un viaggio non privo di pericoli, il ministro della protezione civile, Giuseppe Zamberletti, era riuscito a raggiungere la Prefettura di Sondrio. Al distributore Tamoil del Brick, alla periferia settentrionale di Lecco, all’alba di domenica 19 luglio scattava il posto di blocco della Polizia Stradale. Erano saltati i collegamenti telefonici; furono provvidenziali i radio amatori lecchesi che avevano lasciato Bormio per far ritorno a casa, visto il maltempo: furono bloccati dall’Adda fuori uscita in località Ponte del Diavolo. si salvarono con altri automobilisti, arrampicandosi sul pendio verso la località alpestre di San Martino, accolti presso il complesso agricolo che il 28 luglio verrà sepolto dalla ciclopica frana del Coppetto. I lecchesi sfuggiti alla furia dell’Adda presso il Ponte del Diavolo vennero dati per dispersi (tra loro c’era anche il sindaco di Mandello, Mainetti). Non avendo la possibilità di collegamenti telefonici riuscirono a dare notizie rassicuranti grazie ad un radio amatore collegato all’emittente televisiva lecchese TSL.
Anche il Punto Stampa, con il direttore Claudio Redaelli, fu ripetutamente presente nella Valtellina alluvionata, dove debbono essere menzionati i servizi per il TG3 Lombardia effettuati dal compianto Piero Scaramucci. Redaelli si unì alla troupe di TSL con Aloisio Bonfanti e Paola Nessi, quest’ultima ora aiuto regista alla RAI TV. Nel quadro generale di una Valtellina disastrata, che aveva già visto 24 morti il 18 luglio, con 12 salme non ritrovate, si aggiunsero poi le 29 vittime del 28 luglio, in Val Pola, quando furono cancellati due paesi, provocando un largo invaso d’acqua con forti minacce di crollo nella vallata sottostante. Sarà chiamato il lago di Pola.
C’è da ricordare della Valtellina alluvionata del 1987 i danni incalcolabili provocati al Comune di Fusine sconvolto dalla furia incredibile del torrente locale, che trascinò a valle macigni colossali, provocando anche l’interruzione dell’erogazione di acqua potabile all’abitato, assicurato poi da un servizio di emergenza con autobotti del Genio militare.
Il Comune di Fusine era “legato” al lecchese avendo avuto come sindaco Giacomo Frigerio, industriale del quartiere lecchesse Acquate, che deve essere ricordato per il generoso intervento di impegno e di salvataggio nella gestione della funivia Versasio-Piani Erna.
E’ stato il Comune di Fusine, nel 2017, trent’anni dopo l’alluvione a voler organizzare una rassegna video con interviste e filmati, realizzati nel territorio comunale nel periodo più nero dell’alluvione. La rassegna, che ebbe largo successo popolare, venne promossa dall’assessore Monica Taschetti, lecchese, ora residente a Fusine, già impegnata nel mondo dell’informazione lariana. Monica Taschetti è stata eletta alle municipali del 2019 alla carica di sindaco.
C’è da evidenziare, come emerge anche dai filmati messi in video continuo nella rassegna di Fusine, che il pur tremendo bilancio in termini di vite umane della Valtellina 1987, sarebbe stato ancora maggiore se non fosse avvenuta un’immediata e generosa mobilitazione, in particolare nei salvataggi di numerose famiglie aggrappate ai tetti delle case, circondate da acque tumultuose nel Pian della Selvetta e poi verso Ardenno e Berbenno.
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