di Aloisio Bonfanti Sono tanti i libri sulla storia delle penne nere e, tra questi, uno recente che merita di essere attentamente recensito è “Tutti giovani sui vent’anni – una storia degli alpini” di Marco Mondini, docente di storia all’Università di Padova, emergente nelle trasmissioni di RAI Storia, condotte da Paolo Mieli, già direttore della Stampa e del Corriere della sera.
Nel volume di oltre 200 pagine, pubblicato da Mondadori, Marco Mondini dedica una particolare riflessione ai raduni delle penne nere. Mondini scrive “Da quando duemila veterani, che avevano combattuto nei reggimenti alpini tra il 1915 ed il 1918, si ritrovarono sulla cima del monte Ortigara, nel settembre 1920, le adunate si sono susseguite quasi ogni anno con un crescente afflusso di partecipanti. In breve, sono divenute l’unico rito militare della penisola in grado di coinvolgere un ragguardevole numero di reduci e semplici congedati, prima decine e poi centinaia di migliaia di partecipanti. In un paese in cui il servizio militare non è mai stato troppo amato (fino alla seconda metà del Novecento, ogni anno le liste di leva registravano puntualmente migliaia di renitenti e di disertori) non si poteva trovare uno spettacolo più straordinario di questa massa di civili di ogni estrazione sociale, capaci di percorrere centinaia di chilometri, spontaneamente ed a proprie spese, solo per avere l’opportunità di sfilare fieramente con il proprio cappello e di ritrovare il piccolo gruppo di amici con cui si era condivisa l’esperienza della battaglia o, più prosaicamente, di qualche mese o anno in caserma. Il fatto è che le adunate nazionali sono state per decenni la rappresentazione migliore di quell’osmosi fra vita militare e civile, fra reggimenti e congedati, che la coscrizione obbligatoria (la naia) ha saputo creare nel caso degli alpini italiani”.
Il volume di Marco Mondini parte dal 1872 con i “figli della montagna”, come vennero chiamati nel 1916 da Cesare Battisti (padre nobile del mito alpino) per arrivare ai giorni nostri. Nell’introduzione, scritta a Padova nella primavera 2019, Marco Mondini ha messo in evidenza “Una storia che si è chiusa all’alba del 21° secolo con la fine del servizio militare obbligatorio. Negli anni successivi, le truppe alpine hanno continuato a svolgere egregiamente il proprio ruolo in molte missioni all’estero, perpetuando la fama di reparti di elite conquistata nel corso di due guerre mondiali, hanno avuto Caduti e sono stati tributati loro gli onori dovuti, le pagine che seguono non parlano di loro. Si fermano al giorno in cui sono stati congedati gli ultimi coscritti della Repubblica Italiana, gli ultimi di quei cittadini in armi, che per lungo tempo hanno vissuto l’uniforme, hanno sofferto, hanno combattuto (e talvolta sono morti) non perché fosse il loro mestiere e nemmeno per la ricerca della gloria e dell’immortalità, ma semplicemente per la convinzione che, nel patto di cittadinanza, stretto tra individuo e Stato, la guerra, come la naia, fosse un’eventualità. Doverosa, ma scomoda”.
L’autore dedica il volume, in particolare, ai compagni della 42^ Compagnia, 175° Corso AUC, Scuola Militare Alpina di Aosta (marzo-agosto 1999). E’ una scuola presente nel ricordo di tanti lecchesi. Si deve aggiungere che al reclutamento per la naia obbligatoria i residenti nel territorio di Lecco trovavano timbrata sulla cartella dei dati personali la dicitura “zona di reclutamento alpino”. Non si può nemmeno dimenticare la presenza di un distaccamento del glorioso Morbegno, con la nappina bianca, nella caserma Sirtori di via Leonardo da Vinci, dal 1935 al 1943, e la chiesetta votiva dei reduci del secondo conflitto mondiale, inaugurata al Pian delle Betulle nel 1959, che tutti gli anni, nella prima domenica di settembre, vede un raduno molto partecipato di veci e bocia provenienti da tutta la Lombardia, ma anche oltre.
Merita, poi, di essere evidenziato che la sezione ANA di Lecco è ormai vicina al centenario. E’ stata, infatti, costituita la sera del 27 luglio 1922, presenti 52 penne nere, quasi tutti reduci della Grande Guerra 1915/1918. Venne eletto presidente l’avvocato Ferdinando Doniselli. La riunione si svolse nella sala consiliare del Comune di Lecco, che era ancora nella vecchia sede di Palazzo Ghislanzoni, in via Roma, lasciata nel 1928 per quella attuale del municipio in piazza Diaz. La sala consiliare del Comune era allora a piano terra, entrando in cortile, nella palazzina che si incontra sul lato sinistro. I lecchesi una cera età possono ricordare che il salone “degli alpini” è stato anche sede della civica biblioteca sino al 1966, quando la stessa venne trasferita nel palazzo Falck di piazza Garibaldi, già sede della filiale locale della Banca d’Italia sino al 1963, ed ora palazzo della Confcommercio.
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