2020-05-06

IL PATOLOGO, QUESTO SCONOSCIUTO “NELLA BIOLOGIA MOLECOLARE IL FUTURO”, DICHIARA IL PROF. CRISTOFORI

di Germana Marini Rinverdire la memoria di chi ha vissuto la realtà di un servizio, sotto ogni aspetto eccellente: quello elargito dall’Ospedale lecchese di via Ghislanzoni, nel corso di oltre dieci intensi anni, compresi tra il 1989 e il 2000, e ragguagliare nel contempo le nuove generazioni in merito alla partecipazione dei medici a stage propedeutici all’accrescimento delle acquisizioni scientifiche, messe a frutto all’interno del contesto ospedaliero stesso: ecco le finalità di questo mio revival.

Il raccogliere in una pubblicazione unitaria, edita dall’Editrice C.B.R.S., una nutritissima serie d’interviste ai primari di ogni singola Divisione del presidio cittadino, da me effettuate in un lungo “Viaggio nel pianeta sanità”, mensilmente apparse sul periodico nazionale “il Punto Stampa”, si deve alla lungimiranza del direttore Claudio Redaelli, Consigliere dell’Ospedale provinciale di Lecco dal 1965 al 1981, e Vicepresidente dal 1975 al 1981,  succeduto al dott. Aldo Rossi, all’On. Vittorio Calvetti e al dott. Salvatore Bonalumi.
Pubblicazione dalla tiratura di 300 copie, in men che non si dica esaurite.
<< Questa singolare iniziativa >>, ebbe a dichiarare Redaelli, << posta in essere grazie alla preziosa collaborazione della giornalista Germana Marini e alla cortese disponibilità degli operatori sanitari, è di enorme rilievo, in quanto l’Ospedale rappresenta un’autentica risorsa, un fiore all’occhiello per Lecco, apprezzato com’è in ambito europeo, al punto che da ogni parte giungono qui per affidarsi a mani provatamente esperte >>. Aggiungendo: <<Posso ben dire che le articolate interviste della Marini rimarranno ad esempio di un  servizio giornalistico esclusivo, reso possibile dal lodevole impegno professionale, sia di chi le ha curate, che di chi ne è stato protagonista. Mi corre quindi l’obbligo di ringraziare sentitamente, non gli specialisti soltanto, bensì il personale infermieristico, paramedico, ausiliario, i tecnici,  le 75 operose, infaticabili suore all’interno del collegiato e tutti coloro che si sono prodigati al fine  di dar lustro a questa privilegiata
struttura >>.


L’Anatomia patologica non è certamente fra le discipline più note. Il grosso pubblico ha, in effetti, maggior dimestichezza con chi viene a diretto contatto: clinici di medicina generale e medico curante, mentre registra palesi lacune rispetto a quell’organizzazione, oggi sempre più importante ai fini della tutela della salute.
Ce lo conferma il professor Enrico Cristofori, primario del Reparto di Anatomia Patologica dell’Ospedale cittadino, sollecitato ad informarci su ciò che sta dietro a tali familiari figure.
“Quest’organizzazione è rappresentata dai Servizi diagnostici, come quelli di Radiologia, Centro trasfusionale, Laboratorio analisi e Anatomia patologica. Quale disciplina di supporto alla complessa organizzazione ospedaliera, l’Anatomia patologica è nata forse per prima, con le sue funzioni più semplici. Gettando uno sguardo retrospettivo, possiamo affermare che nei secoli trascorsi la disciplina suddetta induceva il medico a prendere coscienza dei suoi limiti e della sua difficoltà nel pervenire a un’attendibile diagnosi. Questa branca si identificava quindi essenzialmente con l’autopsia, ossia con lo studio sul cadavere degli aspetti morfologici delle malattie. Con l’andare del tempo però le tecniche si sono affinate, sino ad arrivare all’analisi al microscopio, così che al di là di ciò che poteva apparire al clinico in termini di “storia della malattia”, è divenuto possibile un esame ben più minuzioso e accurato. Negli ultimi secoli ci si è discostati dalle teorie di una medicina metafisica per accedere ad un’altra, basata sull’osservazione scientifica delle cause delle malattie e sul riconoscimento delle alterazioni strutturali delle stesse”.
“Un interessante percorso storico. Ma qual è attualmente il ruolo del patologo, che nella fantasia popolare seguita ad associarsi al tavolo anatomico?”.
“L’elemento più antico e tradizionale che definisce questo tipo di attività è infatti l’autopsia. Se non che la suddetta diviene oggi sempre meno necessaria, dal momento che le indagini che vengono effettuate in vita generalmente conducono ad una diagnosi prima del decesso. L’autopsia si attua soprattutto in casi di morte improvvisa, o determinata da cause che debbono essere indagate: delittuose o infortunistiche, come pure allorché, a dispetto degli strumenti a disposizione, queste cause non siano oggettivamente chiare. Ma come ripeto la parte più rilevante del lavoro che allo stato attuale svolgiamo, è quella di supporto ai clinici nell’analisi delle patologie che affliggono pazienti ricoverati in Ospedale. Una procedura che, partendo dall’esame obiettivo, comporta poi una serie d’indagini, non solo radiografiche o di laboratorio, bensì a carico dei tessuti. Oggi si tende sempre più ad analizzare frammenti di organi, anche in individui che non presentino ancora una sintomatologia precisa. Per differenziare, ad esempio, un’ulcera peptica dello stomaco da un tumore maligno, è necessario un piccolo prelievo, agevolato dall’applicazione dell’endoscopio. Su tale tessuto viene poi compiuto il classico esame istologico”.
“Ed è proprio grazie alle menzionate indagini che sovente si riesce ad arrestare la progressione di affezioni altrimenti irreversibili…”.
“La precocità della diagnosi consente appunto di curarle in modo adeguato. Aggiungiamo che esaminando i tessuti, noi non ci limitiamo a dare il responso di benignità o di malignità, ma siamo in grado di stabilire di che tipo di tumore si tratti, se superficiale o infiltrante. Ciò da un lato trasforma la prognosi, e dall’altro indirizza il clinico verso i possibili comportamenti, chirurgici o terapeutici. Il patologo si configura quindi come indispensabile nell’organizzazione complessiva specialistica ospedaliera, quale anello di una catena finalizzata ad incidere profondamente, tramite informazioni multiple, nel trattamento di un paziente”.
“Lei professore ha dichiarato che conducete queste analisi anche su pazienti del tutto asintomatici. Sappiamo che esistono test di screening volti a ridurre l’incidenza dei decessi per tumore della cervice uterina, che voi avete organizzato da anni sul territorio, in collaborazione con i ginecologi…”.
“Da una decina d’anni abbiamo dato effettivamente l’avvio a provvidenziali controlli, sia sul territorio di questa USSL, che di quelle limitrofe. Idem dicasi per il tumore della mammella, a proposito del quale, tramite mammografia e agoaspirazione per l’esame citologico, noi entriamo in causa onde verificare se si tratti di una semplice displasia o di un tumore maligno in stadio iniziale, che renda ancora possibile una terapia chirurgica conservativa. E’ noto come la patologia tumorale sia in vertiginoso aumento e colpisca soggetti in età anche infantile, sicché l’individuazione e la tipizzazione di queste alterazioni si rivela essenziale”.
“Abbiamo parlato di ieri e di oggi. Cosa riserva il futuro?”.
“Tra le novità che aprono buone prospettive per il futuro, torno a citare quelle sofisticate tecniche di indagine, che ci hanno permesso di raggiungere praticamente tutti gli organi, anche cavi e profondi, con strumenti che consentono di prelevare una minima quantità di cellule per gli enunciati scopi. Con l’endoscopio a fibre ottiche si può accedere alle più fini diramazioni dei bronchi, come con l’endoscopio si può percorrere tutto l’apparato digerente, individuando eventuali neoplasie. Tramite l’agoaspirazione poi si arriva a colpire una lesione sotto la guida della T.A.C. o dell’ecografia, effettuando prelievi mirati. Trattasi di tecniche che hanno il merito di risparmiare una quantità di interventi chirurgici, irrinunciabili un tempo, e che senza anestesia né disagio per i pazienti, determinano risultati eclatanti. E’ prevedibile che queste innovazioni, insieme ad altre, renderanno possibili diagnosi sempre più tempestive e di conseguenza la cura radicale delle patologie neoplastiche. Un’altra grossa novità è rappresentata dalle tecniche della biologia molecolare, che rappresenteranno il futuro dell’Anatomia patologica. Le stesse si sono sviluppate grazie alle conoscenze accumulate circa l’intima struttura cellulare, o D.N.A., la molecola base della sostanza vivente. Dicevo poc’anzi che unitamente alla diagnosi di negatività o positività di un tumore, s’impone la tipizzazione di queste forme, e tale diagnosi piò effettuarsi al meglio applicando metodi che utilizzano specifiche sonde biochimiche”.
“Tutto ciò comporterà una non indifferente organizzazione in termini di lavoro di équipe…”.
“Il servizio si avvale della collaborazione di 7 medici, 5 laureati biologi, 6 tecnici di laboratorio, di personale amministrativo e di strumenti e reagenti assai costosi, la cui acquisizione, se si vuol mantenere il passo coi tempi, è d’obbligo.  Da sedici anni circa opero in questo contesto, ed ho avuto da parte dell’Amministrazione dell’Ente una grande prova di sensibilità, disponibilità e fiducia. Dotato com’è di strumentazioni all’avanguardia, posso tranquillamente affermare che il Reparto di Anatomia patologica del nostro Ospedale sia tra i più organizzati ed efficienti nell’ambito lombardo. Debbo ringraziare per ciò i miei collaboratori che partecipano con entusiasmo ad un’attività che ha il limite di non riscuotere la popolarità  di altre; tuttavia ho sempre procurato di creare loro gratificanti condizioni di lavoro. Tale positiva valutazione non ci induce però ad accontentarci dei traguardi raggiunti, consci come siamo di quanto resti da fare. Vanno sviluppati ulteriormente i campi dei quali ho trattato, ragion per cui dovremo ancora chiedere ed ottenere risorse, ed è analogamente auspicabile un netto, progressivo incremento del personale”.

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