di Germana Marini Rinverdire la memoria di chi ha vissuto la realtà di un servizio, sotto ogni aspetto eccellente: quello elargito dall’Ospedale lecchese di via Ghislanzoni, nel corso di oltre dieci intensi anni, compresi tra il 1989 e il 2000, e ragguagliare nel contempo le nuove generazioni in merito alla partecipazione dei medici a stage propedeutici all’accrescimento delle acquisizioni scientifiche, messe a frutto all’interno del contesto ospedaliero stesso: ecco le finalità di questo mio revival.
Il raccogliere in una pubblicazione unitaria, edita dall’Editrice C.B.R.S., una nutritissima serie d’interviste ai primari di ogni singola Divisione del presidio cittadino, da me effettuate in un lungo “Viaggio nel pianeta sanità”, mensilmente apparse sul periodico nazionale “il Punto Stampa”, si deve alla lungimiranza del direttore Claudio Redaelli, Consigliere dell’Ospedale provinciale di Lecco dal 1965 al 1981, e Vicepresidente dal 1975 al 1981, succeduto al dott. Aldo Rossi, all’On. Vittorio Calvetti e al dott. Salvatore Bonalumi.
Pubblicazione dalla tiratura di 300 copie, in men che non si dica esaurite.
<< Questa singolare iniziativa >>, ebbe a dichiarare Redaelli, << posta in essere grazie alla preziosa collaborazione della giornalista Germana Marini e alla cortese disponibilità degli operatori sanitari, è di enorme rilievo, in quanto l’Ospedale rappresenta un’autentica risorsa, un fiore all’occhiello per Lecco, apprezzato com’è in ambito europeo, al punto che da ogni parte giungono qui per affidarsi a mani provatamente esperte >>. Aggiungendo: <<Posso ben dire che le articolate interviste della Marini rimarranno ad esempio di un servizio giornalistico esclusivo, reso possibile dal lodevole impegno professionale, sia di chi le ha curate, che di chi ne è stato protagonista. Mi corre quindi l’obbligo di ringraziare sentitamente, non gli specialisti soltanto, bensì il personale infermieristico, paramedico, ausiliario, i tecnici, le 75 operose, infaticabili suore all’interno del collegiato e tutti coloro che si sono prodigati al fine di dar lustro a questa privilegiata
struttura >>.
Annualmente circa 100 pazienti su un milione di abitanti entrano in insufficienza renale, e solo il nostro territorio registra una percentuale di 40/50 nefritici acuti all’anno, che devono sottoporsi a dialisi, nella speranza di un, non sempre attuabile, trapianto. Che richiede tempi assai lunghi, comunque. Appare quindi chiara l’esigenza di agire a livello preventivo.
“Quali sono allo stato attuale i fondamentali obiettivi da voi perseguiti, dal punto di vista della ricerca, onde rallentare la progressione delle patologie renali?”, chiediamo al professor Francesco Locatelli, primario di nefrologia all’Ospedale di Lecco.
“Ci muoviamo in due direzioni”, spiega, “agendo in campo nefrologico facendo leva sulla prevenzione, e ricorrendo a interventi farmacologici antiipertensivi, nonché ad altri, modulanti la vascolarizzazione del rene. Per quanto concerne l’aspetto preventivo, la terapia dietetica riveste senz’altro un ruolo essenziale. Terapia attuata tramite un tipo di alimentazione che garantisca al paziente un buono stato nutrizionale, ottenibile assumendo proteine “nobili”, in luogo di altre, il cui accumulo determina un’intossicazione dell’organismo. Nel contempo, mentre studiavamo i benefici effetti della dieta, si è confermata (direi anzi esaltata), la responsabilità della pressione arteriosa nella progressione delle malattie renali stesse. Si è in pratica visto che anche un’ipertensione considerata lieve, o moderatamente elevata, ha la sua incidenza nei riguardi dell’integrità dell’apparato emuntorio. Al di là di complicazioni cardiovascolari e di danni a quelli che rappresentano i cosiddetti “organi bersaglio”, è quindi evidente il peso indotto dall’abbassamento dei valori pressori. Unitamente alla riduzione dell’apporto proteico, sotto il profilo dietetico diventa rigoroso anche il controllo di quello sodico e dei lipidi, responsabili di lesioni aterosclerotiche. Tutta una serie di ricerche, inerenti sia alla dieta nei tre aspetti: proteico, sodico e lipidico, che agli interventi farmacologici, atti a porre il rene nelle condizioni più favorevoli, a dispetto dell’insulto subìto. Una lunga serie di ricerche, dicevo, che ci ha impegnati al massimo, e che, senza che ciò debba assumere toni trionfalistici, oggi costituisce un po’ il premio della nostra annosa attività”.
“Sempre più frequenti sono infatti gli inviti che vi pervengono affinché documentiate questi risultati in internazionali convegni. Memorabile quello di Verona, quando alla presenza dei più noti esperti lei ha presentato la sua relazione “Sulla natura progressiva della malattia renale: finzioni e fatti”; frutto di studi personalmente avviati, coinvolgendo poi parecchi altri Centri. Si preannuncia altrettanto interessante il prossimo, che avrà luogo a maggio ad Heidelberg, ove i dati italiani saranno confrontati con quelli francesi, tedeschi e degli Stati Uniti…”.
“E’ innegabile che questo confronto assuma connotazioni di particolare rilevanza e prestigio. Il dibattito che seguirà avrà lo scopo di far sortire l’aspetto, diciamo “più accettato” a livello mondiale, e fa naturalmente piacere essere presenti da protagonisti ad un appuntamento così atteso”.
“Dieta della fase nefrologica e dieta del paziente in dialisi. Ci espone le differenze?”:
“Mentre nel primo caso la dieta si discosta di poco dalla tipica dieta vegetariana, quella di chi entra in dialisi e tende a ridurre al massimo il numero delle sedute, è senz’altro più rigorosa. Contempla tra l’altro l’assunzione di parecchie sostanze proteiche sotto forma di pasticche, trasformandosi nella cosiddetta “dieta supplementata”, impegnativa al punto da divenire di non facile aderenza. Rinunciare
ai piaceri della tavola è indubbiamente frustrante, specie per le “buone forchette”, sicché non tutti l’accettano. Ci sono per contro pazienti che considerano le sedute dialitiche così poco gradevoli, da non esitare ad affrontare qualunque sacrificio, pur di dilazionarle”.
“L’evenienza che nel corso della depurazione extrarenale l’emodializzato incorra in collassi cardiocircolatori, infatti, non è rara. Sappiamo però che disponete di validi antidoti…”.
“In questi mesi stiamo appunto affinando metodiche volte a rendere il trattamento dialitico sempre più sicuro e ottimale. C’è anche da dire che l’impiego clinico
dell’Eritropoietina, in grado di correggere l’anemia del nefropatico, rappresenta la
più grande scoperta degli ultimi anni. Trattasi di un farmaco veramente innovativo,
una sorta di “bomba terapeutica”. Terapia ora alquanto costosa, ma che, unitamente alla dialisi e al trapianto, ha contribuito a mutare il destino del paziente uremico”.
“ Il traguardo principe del soggetto la cui funzionalità emuntoria sia irreversibilmente esaurita, rimane il trapianto. Quanti “no” vengono ancora pronunciati nel cruciale momento in cui ad un genitore, un marito, o comunque un
parente, viene chiesto di dare il suo assenso, affinché la perdita del proprio caro si
tramuti per altri in vita?…”.
“Indispensabile è avere la mente e la coscienza preparate, in tempo di serenità;
giacché dopo credo sia arduo per tutti: per chi deve chiedere, come per chi deve
decidere. Con tali premesse non avremmo, scommetto, un solo rifiuto. Occorre
tenere alta la sensibilizzazione dell’opinione pubblica alla donazione”, il professore ribadisce. “Mai dovrebbe verificarsi che opportunità di questo tipo non possano
cogliersi, a causa di pregiudizi! Ecco perché ritengo utilissimo che gli organi
d’informazione mantengano vigile l’interesse della gente , insistendo sul fatto di
come la donazione sia essenziale affinché il programma di trapianti (strumento obbligatorio per la medicina d’oggi), possa progredire. Basta riflettere a quanti
inseguano disperatamente un trapianto, sia per continuare a vivere, che per
cambiare radicalmente la loro esistenza. Mi compiaccio che a lecco e dintorni il
problema sia sentitissimo, per cui la percentuale di rifiuto è estremamente bassa.
Siamo tra le città più operose in quanto a reperimento organi, non si vorrebbe però che un calo di sollecitazione inducesse a considerare l’argomento non più di così
stretta attualità…”.
“Sempre in tema di trapianti”, domando, “quanto ha inciso la farmacoterapia e a cosa punta?”.
“Ormai non si può più dire che la Ciclosporina costituisca una novità, ma è un fatto che ha migliorato in modo sensibile la dinamica dei trapianti. E’ stato ora scoperto
un eccellente farmaco, non ancora largamente disponibile, ma già entrato in uso
all’interno di qualche prestigiosa équipe. Settore, questo, in evoluzione incessante,
verso sempre più ambiziosi traguardi”.
“Un’ultima delucidazione a beneficio di quella, di giorno in giorno più folta, schiera
di persone affette da nefropatia diabetica. Malattia un tempo considerata inesorabilmente progressiva, fino all’insufficienza renale completa. Ai nostri giorni è invece prevenibile. Attraverso quali accorgimenti, professore?”.
“Innanzitutto un soggetto predisposto al diabete da fattori costituzionali o ereditari, non deve attendere che il male sia conclamato, bensì mettersi senza esitazione sotto controllo. Nel caso appunto del diabete, che riconosce come causa scatenante gli eccessi alimentari, si orienterà inoltre verso una dieta adatta. Oggi si è dimostrato che la nefropatia, come complicanza del diabete, può essere totalmente prevenuta da un intervento terapeutico precoce. Il quale va instaurato ai primi sintomi, modificando i valori metabolici, e non tardivamente, allorché glicosuria e proteinuria siano ormai troppo elevate. Il tempestivo intervento in fase iniziale, arresta la progressione della malattia diabetica, o la fa addirittura regredire, mentre oltre una certa soglia il medico potrà solo “tamponare”, non certo arrivare alla radice. Si debbono tenere anche presenti le temibili complicanze extrarenali di questa dilagante affezione: cecità per retinopatia, rischio d’amputazione agli arti inferiori per danni vascolari, rischi infartuali, ecc… Lo stesso vale per diverse altre patologie, come la malattia cistica del rene, originante infezioni e calcolosi sovrapposte, sanguinamenti e via dicendo. Indugiare a ricorrere a terapie che attenuino la gravità del quadro clinico, può comportare il pagamento di uno scotto altissimo!”.
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