Una volta le code erano quelle in autostrada nei giorni delle vacanze, adesso invece con l’emergenza pandemia che ha imposto ingressi contingentati in negozi, supermercati e mercati agricoli le file si allungano su strade e marciapiedi file di gente con l’attesa che per fare la spesa di Pasqua è arrivata in media a 22 minuti, ma con picchi anche di oltre un’ora per acquistare abbacchio, colombe, pasta, salumi, vino e prodotti tipici o ingredienti base come uova, farina, carne, pesce per le ricette della tradizione.
E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Ixè sulla Pasqua degli italiani al tempo del coronavirus che ha cambiato le modalità e i tempi della spesa delle famiglie con almeno un componente mandato in missione fuori casa per riempire il carrello e rifornire la dispensa di casa, anche per la chiusura forzata in molte regioni di negozi e supermarket per Pasqua e Pasquetta.
Più di 1 italiano su 3 (34%) – spiega la Coldiretti – aspetta da 15 minuti a mezz’ora prima di riuscire a esplorare gli scaffali mentre per una fetta del 12% l’attesa ha superato i 30 minuti fino a oltre un’ora. C’è poi un 27% di fortunati che se la cava con meno di 15 minuti e un 11% di fortunatissimi che per la spesa di Pasqua non deve affrontare alcuna fila. Una volta superata l’attesa in coda e raggiunto l’interno de punto vendita, il 77% dei consumatori – secondo l’indagine Coldiretti/Ixè – ha trovato tutti o la gran parte dei prodotti che cercava, mentre solo 1 italiano su 5 si è dovuto accontentare di una spesa parziale rispetto alle intenzioni di partenza.
Le code fuori dai luoghi di vendita degli alimentari sono ormai quasi diventate una consuetudine anche perché – evidenzia Coldiretti – nonostante l’emergenza Coronavirus e gli inviti a restare a casa, quasi 1 italiano su 3 (30%) – sottolinea la Coldiretti – non resiste nemmeno 72 ore prima di uscire per fare la spesa in negozi, supermercati e alimentari. Il risultato è che – sottolinea la Coldiretti – nel 38% delle case degli italiani sono state accumulate scorte di prodotti alimentari e bevande per il timore di non trovali più. Nelle dispense sono stati accumulati soprattutto nell’ordine, pasta, riso e cereali (26%), poi latte, formaggi, frutta e verdura (17%), quindi prodotti in scatola (15%), carne e pesce (14%), salumi e insaccati (7%) e vino e birra (5%), secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’.
Un accaparramento che mette a rischio la salute nelle lunghe file ma che favorisce anche le speculazioni ed alimenta gli sprechi di cibo che sono del tutto intollerabili in una situazione in cui è salito quest’anno a 3,2 milioni il numero di poveri che hanno addirittura bisogno di aiuto per mangiare per effetto delle limitazioni imposte per contenere il contagio e la conseguente perdita di opportunità di lavoro, anche occasionale, secondo una analisi della Coldiretti sulla base delle persone che in Italia lo scorso anno hanno beneficiato di aiuti alimentari con i fondi Fead distribuiti da associazioni come la Caritas ed il Banco Alimentare che stimano un amento dal 20% al 30% delle richieste di aiuto nel corso dell’emergenza Coronavirus.
L’aumento esponenziale della domanda – sottolinea la Coldiretti – ha mandato in tilt oltre che la spesa fra gli scaffali anche il sistema di consegne a domicilio della grande distribuzione con un allungamento dei tempi. Tagliare le file e aiutare anche i cittadini con maggiori problemi a uscire di casa è quindi diventata un’esigenza colta dalle aziende agricole che – precisa la Coldiretti – hanno avviato appositamente la fornitura dei prodotti agricoli direttamente alle famiglie, senza intermediazioni (www.campagnamica.it).
L’obiettivo della Coldiretti è garantire, soprattutto alle fasce più deboli della popolazione, a partire dagli anziani e dai malati che più faticano nelle lunghe attese in fila, la spesa alimentare direttamente dai contadini con prodotti freschi e di qualità. Molte delle iniziative messe in campo in questo periodo nelle diverse regioni d’Italia sono visibili sul sito www.campagnamica.it e vedono coinvolte circa quattromila aziende agricole con prodotti locali, a chilometri zero, nel rispetto della stagionalità che non devono percorrere grandi distanze prima di giungere a tavola e sono quindi più freschi.
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