Sei anni fa la scomparsa sul Monte Bianco del grande alpinista lecchese, per tutti il “Butch”
Sono passati quasi sei anni da quel giorno di fine inverno del 2014 quando il Monte Bianco si prese Marco Anghileri, classe 1972, per tutti il “Butch”. Era il 14 marzo e quella data, quella ricorrenza, non possono passare inosservate perché troppo forte è ancora il dolore per la scomparsa dell’indimenticato alpinista lecchese.
A ricordarlo, a nome del gruppo alpinistico dei Gamma, è Renato Frigerio con la testimonianza che di seguito pubblichiamo.
Siamo ormai prossimi a una ricorrenza che non può passare inosservata perché rimane ancora forte il dolore che ci ha colpito per la scomparsa di Marco Anghileri, che risale al 14 marzo 2014 mentre tentava di portare a termine un sogno, forse il più bello del suo curriculum di alpinista. Un sogno che aveva a lungo cullato nella sua mente.
Anche Marco, soggiogato come i più grandi alpinisti di ogni tempo dal fascino dei Piloni sulla parete del Freney, che si ergono suggestivi e strapiombanti tra le frastagliate e spettacolari creste di Peuterey e dell’Innominata, aveva intravisto l’obiettivo della vita, quello che avrebbe avuto il diritto per una pagina indelebile nella storia dell’alpinismo mondiale. L’aveva individuato nella prima solitaria invernale della via Jori Bardill, difficoltà A2, V+, ED, sul pilone centrale del Freney, al versante Sud del Monte Bianco.
Tutto accadde quando ormai sembrava fatta e ha lasciato noi tutti con il cuore gonfio a versare lacrime.
Siamo ancora in tanti a rimpiangere il nostro Marco, ricordandolo negli innumerevoli momenti gioiosi che ci ha donato. Per chi poi, come me, ha avuto la fortuna di vederlo crescere giorno dopo giorno, come uomo e come alpinista, il rimpianto si fa ancora più struggente, accentuato dal ricordo della sua rara generosità, di una incomparabile gentilezza, di una sincerità che si accompagnava alla spontaneità senza riserve, sempre con una carica di energia e di entusiasmo.
Ci rimane negli occhi anche quel suo essere aperto e solare che suscitava immediatamente simpatia, tanto che era facile capire perché intorno a lui si faceva a gara per diventarne amici e compagni di cordata.
Persona meravigliosa e buona come poche altre se ne possono incontrare, Marco ci ha lasciato un grande vuoto, che non sappiamo se potrà essere nel tempo riempito: ma questo neppure lo vogliamo, perché se così fosse significherebbe esserci dimenticati di lui.
Renato Frigerio
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