Claudio Redaelli Gli italiani sono consapevoli dell’importanza di una “buona e corretta” informazione e del ruolo centrale che possono svolgere i professionisti dei media, ma ritengono che il “modello italiano” sia lontano da quello ideale. Il 70% degli italiani pensa infatti che i giornalisti facciano poco per veicolare un’informazione corretta e professionale: un ritratto aggravato dal 58,8% degli intervistati che vede i giornalisti più orientati a generare traffico piuttosto che a veicolare buona e corretta informazione.
Sono i dubbi degli italiani sulla professionalità dei giornalisti ad emergere dal nuovo rapporto Agi-Censis “I professionisti dell’informazione nell’era trans-mediatica: grado di fiducia, elementi critici e attese degli italiani” realizzato nell’ambito del programma pluriennale “Diario dell’Innovazione” della Fondazione per l’Innovazione COTEC che indaga la reazione degli italiani di fronte ai processi innovativi. Ad illustrarlo il Presidente Censis Giuseppe De Rita con il direttore Agi Mario Sechi nel corso dell’evento “Il futuro dell’informazione: dalla storia d’Italia all’editoria 5.0” organizzato da Agi – Agenzia Italia presso il Piccolo Teatro Studio Melato di Milano.
Con loro anche il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Informazione e all’Editoria Andrea Martella che ha presentato le azioni previste nel nuovo piano del Governo Editoria 5.0 per aiutare il mondo dell’informazione. “Il sistema editoriale attraversa da almeno un decennio una crisi finanziaria profonda, che ha ormai assunto caratteri strutturali. Allo stesso tempo sono mutati i suoi connotati fondamentali” – ha dichiarato il Sottosegretario Martella – “Con riferimento all’informazione primaria, la sua natura di bene pubblico non solo giustifica, ma implica necessariamente un intervento statale. Il mio impegno sarà orientato a verificare tutte le possibili soluzioni, anche di natura legislativa, idonee ad assicurare il necessario sostegno al comparto delle agenzie di stampa, nel rispetto del principio del pluralismo dell’informazione”.
Ma se il sentiment nei confronti del mondo dell’informazione è negativo, per gli italiani non è impossibile uscire da questa situazione. Il 69% degli intervistati è infatti convinto che “la capacità di raccontare, la completezza, il pensiero critico, la serenità di giudizi” siano prerogative esclusive dei giornalisti e il 52,7% ritiene che la navigazione casuale in internet non possa sostituire la lettura sistematica di un quotidiano. Recupero reputazionale, rigore professionale, maggiore dialogo e scambio con i lettori, capacità di adattamento al nuovo contesto sono le parole d’ordine che emergono dal Rapporto e che consentirebbero di riporre fiducia in un possibile futuro del giornalismo di qualità.
“Da questa ricerca emerge chiaramente il ruolo delicatissimo di noi professionisti dell’informazione, in bilico tra la questione della disintermediazione e il mercato delle notizie, sempre più competitivo e alimentato da esigenze di immediatezza, straordinarietà, appeal del contenuto” – commenta il direttore Agi Mario Sechi – “Gli italiani ci lanciano un messaggio chiaro e preciso: abbiamo bisogno di voi, ma dovete cambiare. Ed è proprio in questa direzione che Agi intende procedere, con un modo di fare e raccontare l’informazione più vicino ai lettori, alle aziende, alle istituzioni. Per questo, oltre alle developing stories che consentono di vedere come una storia cresce e si evolve, per l’inizio del nuovo anno Agi metterà a disposizione una nuova e vasta gamma di prodotti, dai notiziari verticali ai podcast e alle newsletter dedicati alla politica, l’economia, la scienza, l’energia, il cibo e la mobilità sostenibile” – continua Sechi – “Il percorso di crescita e rinnovamento culminerà con la realizzazione del nuovo sito internet agi.it: non un semplice restyling grafico ma un nuovo spazio multimediale rimanendo nella tradizione storica dell’agenzia accumulata in 70 anni di attività. Siamo pronti a far cambiare idea agli italiani!”.
Il nuovo panorama dell’informazione: dalla dimensione verticale a quella orizzontale. La produzione dell’informazione si è polverizzata perdendo la sua tradizionale dimensione verticale. Oggi l’informazione viaggia in orizzontale, con i lettori avvolti in una “nebulosa informativa”. Tutto ciò in un contesto generale dove si è assistito alla perdita di centralità della carta stampata, e più di recente alla crisi degli stessi media online, esposti alla micidiale concorrenza di chi oggi controlla sia la produzione dei contenuti che la loro distribuzione. Ci troviamo in un’era trans-mediatica dove la vendita della notizia tende a prevalere sulla modalità di confezionamento.
La domanda sociale di buon giornalismo. Il 52,7% degli italiani ritiene che la navigazione casuale in internet non possa sostituire la lettura sistematica di un quotidiano. Una consapevolezza che si sposa, visti i dati generali sull’acquisto di quotidiani, con un “vorrei ma non posso”. Ai giornalisti viene riconosciuto un ruolo centrale, con il 69% degli intervistati convinto che “la capacità di raccontare, la completezza, il pensiero critico, la serenità di giudizi” siano prerogative esclusive dei professionisti dell’informazione. In tutti questi casi si registra un’accentuazione tra coloro che dispongono di livelli di istruzione più elevati.
I dubbi sulla web-news experience. Gli italiani prendono le distanze da soluzioni che possano allontanare il mondo dei media da una costante attenzione verso la qualità di ciò che producono. Solo il 14%, infatti, prova emozioni positive rispetto alla possibilità che, grazie all’intelligenza artificiale, articoli di giornale possano essere scritti in modo automatico senza il ricorso a giornalisti, con un 42,8% che lo ritiene “inquietante”. Queste resistenze sembrano ridursi, con un 48% di favorevoli, nel momento in cui si restringe il campo ad ambiti di lavoro che appaiono effettivamente standardizzabili, come le previsioni del tempo, la borsa, gli eventi sportivi e i risultati elettorali.
Una reputazione da riconquistare. I dati mostrano come gli italiani siano consapevoli che il modello di informazione reale sia molto distante da quello reale. Il 70,1% degli intervistati ritiene che i giornalisti facciano poco per veicolare un’informazione corretta e professionale. Per le professioni giornalistiche serve quindi uno scatto d’orgoglio che punti ad un recupero reputazionale: il 58,8% degli italiani è convinto che oggi i giornalisti siano più orientati a generare traffico piuttosto che a veicolare buona e corretta informazione.
Il tema, particolarmente sentito, delle fake news. Per il 77,8% degli italiani quello delle fake news è un fenomeno pericoloso, anche perché a oltre il 50% degli utenti è capitato di dare credito a notizie false circolate in rete. Le persone più istruite, inoltre, ritengono che le fake news sul web vengono create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74,1%) e che possono favorire in qualche modo derive populiste (69,4%). Una particolare sensibilità riguarda il tema della salute: quasi 9 milioni di italiani ritengono di essere stati vittima di fake news in materia sanitaria nel 2019.
Nonostante tutto, è ancora possibile sperare in un futuro del giornalismo di qualità. E’ innanzitutto necessario, secondo il 63% degli utenti, e soprattutto per le donne (66,3%), un maggior dialogo e scambio con i lettori, coniugando rigore professionale e accessibilità, capacità di creare e alimentare communities. Una quota maggioritaria di italiani (59,1%) è poi molto interessata alla possibilità di ricevere notizie che rientrano nella sfera dei propri interessi specifici, percentuale che aumenta al crescere del livello socio-economico della famiglia di appartenenza.
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