I problemi da affrontare sono molteplici e urgenti, a iniziare da quelli legati alla viabilità e alla condizione delle infrastrutture
di Claudio Redaelli
Il 31 ottobre è la data fissata per l’election day provinciale. Come dire, la data in cui verrà scelto il nuovo presidente della Provincia di Lecco destinato a subentrare per il prossimo mandato amministrativo a Flavio Polano.
Le candidature non mancano e le forze politiche in queste ultime settimane hanno già estratto dal cilindro i nomi di coloro i quali potrebbero andare a ricoprire quella carica.
La speranza è che si faccia una scelta di grande responsabilità, al di là degli schieramenti e degli ideali politici, tanto più in questi mesi in cui si sono aperti nel territorio lecchese problemi di grande portata da affrontare (e risolvere) con la massima urgenza e competenza.
Ci riferiamo ad esempio ai nodi viabilistici di questo nostro territorio, a cominciare dalla recente chiusura del ponte di Paderno d’Adda ma non solo. Pensiamo anche al cavalcavia sulla Lecco-Milano crollato ad Annone Brianza esattamente due anni fa e i cui lavori di ricostruzione sono ancora al palo, alla nuova Lecco-Bergamo di là da venire, con i lavori fermi e i relativi cantieri in stato di completo abbandono (osservare, per credere, la rotatoria di Chiuso, non distante dalla piccola chiesa del beato Serafino Morazzone). Pensiamo altresì ai collegamenti montani e l’elenco potrebbe continuare.
Oltre vent’anni fa dapprima l’amministrazione provinciale di Como e in seguito quella di Lecco misero a punto un piano strategico per i collegamenti alla Statale 36 e alle stazioni ferroviarie di determinati centri del territorio. Quel progetto mirava ovviamente anche a favorire i collegamenti con i centri industriali e a facilitare il più possibile il trasporto delle merci, non soltanto su strada ma appunto anche su rotaia.
Si guardava allo sviluppo del turismo e a una viabilità che fosse capace di rispondere alle esigenze e alle attese delle categorie produttive e in generale della popolazione.
C’erano una volta, verrebbe da dire, i centri ferroviari per il deposito delle merci. Ricordiamo, tra gli altri, quelli di Lecco, Maggianico, Valmadrera, Oggiono, Molteno, Costamasnaga e Calolziocorte, determinanti per lo sviluppo di un territorio e per facilitare il trasferimento appunto delle merci attraverso i collegamenti autostradali.
Se si tornasse ad andare anche in questa direzione e se si tornasse a privilegiare il trasporto ferroviario, quanto traffico si toglierebbe dalle nostre strade?
Industriali e commercianti di recente hanno lanciato un autentico grido d’allarme, auspicando collegamenti più efficienti e sicuri e lamentando una situazione viabilistica da Medioevo, con infrastrutture in condizioni semplicemente inaccettabili.
Niente di più vero, perché la realtà è che ci ritroviamo in una situazione di grande precarietà, come detto su più fronti. L’ultimo tratto della Dervio-Valvarrone, per intenderci quello che collega Tremenico a Premana, è in cattive condizioni, così come il tratto tra Esino Lario e Cortenova della Bellano-Esino-Parlasco.
La Bellano-Taceno in più occasioni è rimasta chiusa al traffico causa smottamenti, la Ballabio-Morterone richiede grandi attenzioni e attenti controlli e la prealpina orobica che collega il Lecchese alla provincia di Bergamo, passando per Vedeseta e la Valle Imagna, non è esente da pesanti criticità.
Cosa dire, poi, della nuova Lecco-Ballabio e della strada che attraversa la Valsassina sino a condurre a Premana, centro industriale di non irrilevante importanza per quanto riguarda in particolare la produzione e la commercializzazione di forbici e coltelli?
Insomma l’elenco è lungo e potrebbe continuare. Qualcuno potrebbe obiettare che è facile limitarsi a fare osservazioni, ma qui non si tratta di lanciare il sasso e ritirare la mano. Chi scrive ritiene di aver dato il proprio modesto quanto convinto contributo negli anni in cui era vicepresidente della Commissione lavori pubblici in Provincia a Como. E chi scrive pensa al ruolo svolto da amministratori lungimiranti quali furono ad esempio gli assessori Giuseppe Arlati, Elio Panzeri e Giuseppe Canali. E pensa pure alla determinazione con cui qualificati tecnici quali l’ingegner Giorgio Mazza e l’ingegner Angelo Valsecchi hanno svolto (e nel caso dell’ingegner Valsecchi svolgono tuttora) i loro incarichi.
Non mettiamo da parte quelle competenze e quei valenti professionisti dalle spiccate qualità morali e anzi facciamo il possibile per continuare a coinvolgerli, perché il loro parere e il loro apporto sarebbero certamente di grande aiuto nella soluzione di determinati problemi.
Infine un’annotazione: Governo, Regione Lombardia, Provincia e Comuni non devono rimpallarsi colpe e responsabilità ma soltanto agire. Una volta per tutte e senza perdere altro tempo. Prima che sia troppo tardi.
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