2018-09-26

Statale 36, un tracciato perennemente a rischio

Se è doveroso affrontare le emergenze man mano che si verificano, è però anche il caso di mettere mano a un’alternativa che risolva il problema

di Claudio Redaelli
L’ultima notizia, in ordine di tempo, è di questi giorni. Per consentire l’esecuzione di una serie di lavori di manutenzione degli impianti telefonici a servizio delle gallerie, lungo la Statale 36 del Lago di Como e dello Spluga sono state istituite limitazioni al transito in orario notturno.

Il provvedimento interessa la carreggiata nord tra lo svincolo di Bellano e quello di Colico e la carreggiata sud tra lo svincolo di Trivio di Fuentes e lo svincolo di Bellano.
Altri interventi di manutenzione sono annunciati dall’Anas (e attesi) entro fine  anno. Insomma ci risiamo, considerato che anche in tempi non così lontani è capitato di dover fare a meno di questa strada vitale per l’economia (e non solo) di ampie porzioni del territorio regionale quali sono la già citata Valtellina, la Valchiavenna e tutto l’Alto Lario.
La Statale 36 ha iniziato il suo iter nel 1961, per essere aperta al transito nel gennaio 1985 in occasione dei campionati del mondo di sci alpino disputatisi a Bormio e a Santa Caterina Valfurva.

Sono dunque trascorsi ben più di 50 anni dall’avvio dei lavori di costruzione e nel corso dei decenni non sono mancati seri e gravi problemi per questa arteria stradale. Basti pensare a quanto accaduto anni fa nel tratto di Statale sottostante la montagna di Dorio.
Non a caso dopo che nel 2013 si era lavorato dentro la galleria Monte Piazzo ci si era ritrovati con l’ennesima soluzione provvisoria. “Che non è soltanto il problema del volume insostenibile di traffico - scrivemmo sul mensile Il Punto Stampa in quella circostanza - che si riversa sulla Provinciale 72 a lago, con tutti i disagi che ne conseguono sia per chi quella strada la deve forzatamente percorrere per ragioni di lavoro e non ha alternative sia per chi abita lungo la stessa strada e trova addirittura impossibile uscire dalla propria casa”.
E aggiungevamo: “Il problema vero, inutile nasconderselo nonostante tra mezze bugie, mezze verità e omissioni in molti stiano cercando di farlo, è che la galleria Monte Piazzo è scavata dentro una montagna che si muove. E si muove inesorabilmente, mettendo a rischio non solo il tracciato della Statale ma anche quello della strada provinciale e della linea ferroviaria”.
Già, la linea ferroviaria. Basta dare un’occhiata al tratto compreso tra Lecco e la Torraccia, verso Abbadia Lariana, per guardare con giustificata apprensione a quel binario che corre a ridosso della montagna, a stretto contatto con la vegetazione!
A nostro avviso sia sulla Statale 36 sia sulla linea ferroviaria sarebbe indispensabile intervenire quantomeno per controllare se il materiale a suo tempo utilizzato in fase di costruzione sia ancora in perfetta efficienza e tale da garantire assoluta sicurezza a chi vi transita magari quotidianamente o appunto a chi, comprensibilmente sempre per ragioni di lavoro, si trova ogni giorno a percorrere in treno la Lecco-Sondrio-Tirano.
Tornando alla Statale 36, nel 2014 chi scrive ricordava che “i nostri avi su quella montagna non hanno mai costruito neppure una baita”. “Lo sapevano - si aggiungeva nel servizio - quanti effettuarono gli studi di fattibilità che, cinquant’anni fa, precedettero l’apertura dei cantieri della nuova superstrada Lecco-Colico e consigliarono un altro tracciato. Ce ne siamo accorti noi, in tutti questi anni, non riuscendo più a contare le volte in cui la galleria Monte Piazzo, una volta la canna sud un’altra volta la canna nord, è stata chiusa”.
Quindi una considerazione che ci piace riproporre oggi: “Se è giusto e in qualche modo obbligatorio affrontare le emergenze man mano che si verificano, sarà anche il caso di mettere mano a un’alternativa che risolva, almeno per il tempo di una generazione, il problema. Sarà il caso di attuare quella rete di collegamenti intervallivi che metta la Valtellina in collegamento rapido con le valli bergamasche e con le valli bresciane, realizzando contestualmente un collegamento trasversale tra le rive del Lario e quelle del Garda nella zona prealpina”.

Già, perché la gente chiedeva allora e continua a chiedere oggi soltanto di continuare a lavorare e di poterlo fare in sicurezza e in condizioni dignitose.

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