di Claudio Bottagisi
Una mostra che “racconta” don Giovanni Gatti (nato a Palanzo di Mandello il 22 aprile 1883), la sua vita, la sua attività di sacerdote antifascista (fu ordinato a Como nel maggio 1907) e le sue molteplici iniziative intraprese in particolare da parroco di Caspoggio (dall’erezione in paese di un monumento dedicato ai caduti della “grande guerra”
all’aiuto assicurato ai prigionieri, dal suo impegno per la ricerca dei dispersi all’assistenza alle famiglie provate dal conflitto mondiale, fino alla costruzione di una piccola chiesa all’Alpe Prabello dedicata a Maria, regina della pace), passando per l’aggressione di cui fu vittima nel 1922 ad opera dei fascisti, il periodo della sua carcerazione a Sondrio e l’opera da lui svolta negli oltre vent’anni di esilio a Bellinzona fino alla sua morte, avvenuta a Mandello il 18 agosto 1947.
Una mostra bella e interessante, curata dall’Archivio comunale della memoria locale di Mandello e come sempre ricca di documenti e di preziose testimonianze.
E’ allestita presso la sala civica di via Dante a Molina, rimarrà aperta fino a martedì 1° maggio e può essere visitata tutti i giorni dalle 16.30 alle 18.30, il sabato e la domenica anche dalle 10 alle 12 (mercoledì 25 aprile orario continuato dalle 10 alle 18.30).
Don Giovanni Gatti fu parroco a Caspoggio a partire dal 1910 e nel 1916, quando era anche cappellano dell’ospedale da campo della I Armata a Edolo in Valcamonica, scrisse una serie di lettere al vescovo di Como. In una di queste affermava: “La lontananza dalla parrocchia e il nuovo e triste ambiente che mi è toccato non mi fanno scordare che all’eccellenza vostra debbo l’ordinazione e, come parroco di Caspoggio, tutta la reverenza e tutta l’ubbidienza. Per quel che mi riguarda è subito detto. Son qui dal principio della guerra impaziente sempre di rientrare in parrocchia, ma anche contento del bene che - nonostante la difficoltà speciale della posizione - ho potuto fare a questi buoni e cari giovani…”.
E in un’altra missiva inviata sempre dall’ospedale da campo il sacerdote originario di Mandello scriveva: “Mi è di conforto il poter dire che, con l’aiuto di Dio, nessuno sinora dei malati e feriti di questo ospedale è morto senza sacramenti”.
Significativa anche la testimonianza riportata su uno dei pannelli della mostra di un giovane rifugiato che il 1° febbraio del ’45 scrive dalla Svizzera a don Giovanni: “Che bel vescovo sarebbe don Gatti! Ma vedrà che non la faranno. Per fare il vescovo bisogna essere don Abbondio e così abbiamo visto i pastori assistere alla deportazione delle loro pecore, alla fucilazione degli ostaggi e all’incendio dei villaggi senza elevare una sia pur platonica protesta…”.
E bella è pure la testimonianza di Alessandra Lafranconi, figlia di una sorella di don Gatti, dunque nipote del sacerdote, mandata a Caspoggio presso lo zio per frequentare la terza elementare. Quegli appunti manoscritti di “Lisàndra” sono stati rielaborati a cura del figlio Francesco Gala e dell’Archivio della memoria e aggiungono interessanti elementi sulla figura di quel parroco e sulla vita in Valmalenco.
Nessun commento:
Posta un commento